05 Maggio 2024
[Testata sito web Giornale Diplomatico]
News
percorso: Home > News > Ambasciate

Sud Sudan: amb Ajing Adiang Marik, "servono fondi per ricostruire, non ingerenze"

21-11-2019 14:52 - Ambasciate
GD - Roma – Sulla pelle del Sud Sudan si sta combattendo “una nuova guerra fredda”, con alcuni Paesi europei e gli Stati Uniti che premono sul Governo contestandogli i rapporti con “potenze orientali”, dalla Cina alla Malesia. Così in un’intervista all’agenzia DIRE ha detto l’amb. Ajing Adiang Marik, diplomatico del Sud Sudan in Italia.
“Total è rimasta da noi dieci anni e alla fine se n’è andata senza aver scavato nemmeno un pozzo, contestandoci concessioni accordate alle società cinesi”. Ha detto il diplomatico africano ricordando che “il petrolio si è trasformato in una maledizione per la nostra gente; le ingerenze internazionali continuano a ostacolare la ripresa dell’economia, devastata dalla guerra”.
Al centro dell’intervista concessa alla DIRE, a margine di un incontro di diplomatici a Roma, le difficoltà nell’attuazione dell’accordo di pace firmato ad Addis Abeba nel settembre 2018 grazie a una mediazione dell’Unione Africana.
Contrasti tra il presidente Salva Kiir e l’ex capo ribelle Riek Machar su una serie di questioni, dall’unificazione dei comandi militari ai confini degli Stati della Federazione, hanno spinto a posticipare di cento giorni la nascita del governo di unità nazionale prevista per il 12 novembre. Stime dell’Onu indicano che in cinque anni il conflitto civile ha provocato circa 400mila morti e milioni di profughi. Secondo l’ambasciatore, però, nuovi rischi sono legati all’atteggiamento della “troika”, composta da Stati Uniti, Gran Bretagna e Norvegia, e in generale della cosiddetta comunità internazionale.
“È triste che chi urlava notte e giorno per la pace in Sud Sudan, ora non ci stia aiutando, anzitutto da un punto di vista finanziario”, ha denunciato l’amb. Marik. “La guerra ha distrutto la nostra economia e non abbiamo i fondi necessari per garantire l’attuazione dei punti dell’accordo”.
La tesi dell’ambasciatore è che Kiir, acconsentendo al rinvio della nascita del Governo di unità nazionale, abbia dimostrato ancora una volta la sua buona volontà. Sarebbe invece Machar, minacciando un ritorno al conflitto, ad alimentare nuove incertezze”.
“Insieme con alcuni Paesi europei, come la Gran Bretagna, sta gettando ombre su un Paese dove gli scontri armati sono in realtà cessati da tempo”, ha sostenuto ancora l’amb. Marik, concludendo che “oggi anche le società europee, ad esempio Repsol ed ENI, potrebbero invece venire a investire”.


Fonte: DIRE
[]
[]
[]
[]
[]
[]
[]
[]
[]
[]
[]
Media partnership
[]

Realizzazione siti web www.sitoper.it
cookie