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Raid Roma Tokyo: amb. Vattani, come oggi 100 anni fa l’arrivo in Giappone

31-05-2020 17:20 - Persone
Amb Umberto Vattani Amb Umberto Vattani
Mattia Carlin Mattia Carlin
GD – Roma, 31 mag. 20 – Era il 31 maggio 1920 quando a Tokyo si concludeva il leggendario raid aereo compiuto da Roma dai piloti Arturo Ferrarin e Guido Masiero, insieme ai motoristi Gino Cappannini e Roberto Maretto, a bordo di due biplani SVA di legno e tela. Si rendevano così artefici del primo collegamento aereo tra Europa ed Estremo Oriente. Un raid durato 106 giorni, 18.000 chilometri percorsi, 112 ore di volo alla velocità media di 160 km/h, un volo record che valse loro un'accoglienza da eroi e 42 giorni di festeggiamenti ufficiali a Tokyo.
La paternità dell'idea di un volo dall'Italia al Giappone si deve al poeta aviatore Gabriele D'Annunzio il quale, nel 1919, la condivise con Haru-Kichi-Shimoi, scrittore nipponico e sincero ammiratore dell'Italia che all'epoca insegnava all'Istituto di Lettere Orientali di Napoli. Il progetto, seppure con qualche variazione al programma iniziale del Vate, venne accettato dalla Direzione Generale d'Aeronautica. Non potendo D'Annunzio partire perché asserragliato a Fiume, fu stabilito che l'impresa fosse compiuta da due formazioni, la prima di cinque caccia ricognitori SVA 9, la seconda di quattro bombardieri Caproni di diversi modelli, due Ca.450, un Ca.600 e un Ca.900 triplano.
Le partenze dei Caproni da Centocelle, scaglionate tra loro, iniziarono l'8 gennaio 1920 ma nessuno di questi bombardieri andò oltre la Siria. Le cose non andarono meglio ai cinque SVA che partirono l'11 marzo.
A questo punto l'unica possibilità di portare a termine l'impresa era rappresentata dai due SVA 9 che furono fatti decollare il 14 febbraio per fare da staffetta alla formazione di biplani che di lì a poco li avrebbe seguiti. Gli aeroplani staffetta avrebbero dovuto verificare le località d'atterraggio, predisporre i rifornimenti e prendere contatti con le autorità locali. È in questo contesto che entrò in scena Arturo Ferrarin, pilota vicentino che durante il conflitto aveva militato nella 82a e nella 91a Squadriglia Caccia, la gloriosa Squadriglia degli Assi.
Ferrarin, chiese di poter decollare per il Giappone accompagnato da un altro aeroplano. Il 14 febbraio 1920, alle ore 11.00, ebbe inizio l'avventura, con i due SVA che si levarono in volo dal campo di Centocelle. Gli equipaggi erano formati dai piloti Arturo Ferrarin e Guido Masiero con i rispettivi motoristi Gino Cappannini e Roberto Maretto.
Lo SVA era un aeroplano di legna e tela, l'abitacolo era aperto e l'equipaggio era esposto al vento e alle intemperie, il radiatore non era adeguato per le alte temperature tropicali, mentre il carrello era privo di carenature alle ruote, utili in caso di atterraggio su terreni difficili. A bordo non c'era la radio, la velocità si manteneva sensorialmente ed il pilota conduceva la navigazione unicamente con l'ausilio di orologio e bussola.
Il 31 maggio 1920 i due SVA giunsero a Tokio; prima Masiero e circa un'ora dopo Ferrarin. Ad attenderli c'erano 200 mila persone accorse per vedere i primi aeroplani arrivati in volo dall'Europa. Per celebrare l'impresa furono decretati 42 giorni di festeggiamenti in Giappone, culminati con il ricevimento ufficiale degli aviatori italiani a Palazzo Imperiale. A ricordo di questo volo da record lo SVA di Ferrarin fu collocato nel Museo Imperiale delle Armi a Osaka.
A ricordare che proprio oggi 100 anni si concludeva quell'eroico raid aereo tra Roma e Tokyo, «una straordinaria impresa che, agli albori della nascente navigazione aerea, collegò per la prima volta al mondo l'Italia e il Giappone», sono stati oggi l'amb. Umberto Vattani, già segretario generale della Farnesina e ora presidente della Fondazione Italia Giappone, con l'advisor Mattia Carlin, «con sentimenti di ammirazione per questa impresa unica al mondo. Centenario che si staglia in un tempo in cui l' umanità sta esplorando voli turistici nello spazio».


Fonte: Redazione
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