05 Maggio 2024
[Testata sito web Giornale Diplomatico]
News
percorso: Home > News > Economia

Paesi Bassi: il Pirata Tulipano, ossia predicare bene ma razzolare male

23-04-2020 16:55 - Economia
GD - Amsterdam, 23 apr. 20 - Certo, non sono passati alla storia come Morgan o Barbanera, ma anche i pirati olandesi che cavalcavano le onde dei Caraibi tra il XVII° e il XVIII° secolo a caccia di galeoni spagnoli, non è che fossero meno pericolosi dei loro concorrenti inglesi.
Laurens De Graaf, Pier Gerlofs, Nicholas Van Hoorn e Roc Brasiliano (non si conosce il vero nome di questa “roccia brasiliana”, ma si sapeva nato a Groninga) depredavano quanto era possibile trovare nel percorso che portava oro e argento verso l'Europa, non facendosi troppi scrupoli. C'est la vie.
Che è probabilmente quello che pensano gli odierni governanti dei Paesi Bassi. Assolutamente impenetrabili alle proteste che si levano di questi tempi rispetto alla pirateria (ahimè legale) con cui sottraggono risorse ad altri Paesi, alleati e addirittura soci – nell'Unione Europea – aprendo le loro casseforti a imprese estere di ogni tipo, concedendo loro sconti mirabolanti su tasse e dividendi. Vero: in Europa praticano lo stesso sistema Eire, Lussemburgo, Malta e – al di fuori della UE – anche la Svizzera.
Ma il caso olandese sta sollevando un mare di polemiche di questi tempi visto che l'Aja è diventata la più rigida nel chiedere i rispetto delle regole di bilancio ad ogni stato che ha aderito all'euro e nel porre il suo veto a qualsivoglia richiesta di cofinanziamento per superare la crisi del Covid-19. Eppure il forziere olandese spicca per il suo stato di salute proprio grazie agli introiti della sua politica fiscale, che le permette di praticare nuovamente la guerra da corsa in una nuova veste: quella del pirata gentiluomo…
Uno studio degli esperti fiscali del Tax Justice Network che ha analizzato i dati relativi ai profitti delle società USA, rileva che nel solo 2017 queste hanno spostato ben 44 miliardi di dollari di utili nel paradiso fiscale dei tulipani grazie all'aliquota praaticata che è meno del 5%.
Una manna per le società USA, ma un introito incredibile per l'Olanda, che incassa oro ed argento senza dover muovere uno spadone o un archibugio, ma neppure un dito.
Né ci si ferma qui: le regole valgono anche per i soci UE: così lo studio dei fiscalisti statunitensi misura perdite di tassazione per 2,7 miliardi di dollari per la Francia, di 1,5 miliardi per Germania e Italia, di 1 miliardo per la Spagna.
E ancora non è finita: non solo – come vedremo – ci sono società europee che si accasano ad Amsterdam e dintorni per evadere il fisco nazionale, ma c'è anche da registrare un sommesso e inquietante taccheggio sotterraneo praticato dal Governo in cui il ministro delle finanze Hoekstra tuona un giorno sì e l'altro pure per il mancato risanamento del deficit di bilancio italiano: di che si tratta? Del fatto che se un cittadino italiano va a consumare un cappuccino da Starbucks a Milano o prenota un albergo da Roma tramite Booking.com, la filiale italiana delle due aziende deve versare un obolo (oggi si preferisce il termine royalty…) per l'uso del marchio. Obolo una parte del quale, finirà inevitabilmente nelle casse del fisco olandese.
Quanti milioni di euro versiamo direttamente nelle casseforti di Amsterdam? Difficile fare il conto di caffè e prenotazioni alberghiere più altri prodotti Made in Usa con filiali in Italia, ma sedi legali in Olanda.
Più facile, evidentemente, ragionare con i parametri della macroeconomia. Secondo il prof. Gabriel Zucman (della Berkeley University) le multinazionali spostano nei paradisi fiscali il 40% dei loro profitti, il che – stando ai dati del FMI – sarebbero tra i 500 ed i 600 miliardi di dollari di tasse evase dai Paesi d'origine. Solo dall'Italia fuggono tra i 17 e i 18 miliardi di euro di profitti aziendali.
Qualche nome? La Exor, cassaforte della famiglia Agnelli, ha scelto l'Olanda; come Cementir, Eni, Enel, Saipem, Tim Telecom Italia, Illy, Luxottica e tanti ancora. Altri, come Tenaris, Ferrero, Perfetti, hanno preferito il Lussemburgo. Ma Intertrust, la società mediatrice per chi vuole disporre di una sede o di una casella postale in Olanda, resta la più gettonata. E grazie ad essa finiscono ad Amsterdam quei 6 miliardi di euro annui che sarebbero dovuti finire nelle casse del nostro erario.
In sostanza, già si capisce bene perché gli olandesi non vogliano cambiare un virgola dei trattati europei. E lo si capisce ancor meglio se si va a mettere il naso sul debito privato del Paese, anziché su quello pubblico. Proprio l'Olanda – dati 2019 - si piazza infatti al 2° posto in Europa (dopo la Danimarca) nella classifica di chi chiede prestiti bancari col 220% (contro il solo 55% italiano). Istituti di credito zeppi di soldi concedono facilmente danaro a chi lo richiede, ma basta davvero poco per provocare un tonfo.
Del resto proprio in Olanda è già accaduto: agli inizi del 1600 scoppiò la bolla del tulipano che era stato importato dalla Turchia e che era divenuto merce di lusso e status symbol vero e proprio. I bulbi del fiore avevano raggiunto cifre pazzesche e di fatto creato, con secoli d'anticipo, una sorta di mercato dei futures: nel 1635, 40 piante erano state pagate ben 100 mila fiorini quando una tonnellata di burro costava 100 fiorini e 8 maiali ben pasciuti solo 240. Fu un disastro vero e proprio quando il mercato smise di comprare tulipani.
E chissà – per chudere - che non tocchi nuovamente ai Caraibi tornare in primo piano nella questione olandese. Del vecchio impero Orange sono rimasti ancorate ai Paesi Bassi una manciata di isolette come Curacao, Aruba, Bonaire e Sint Maarten. Paradisi fiscali anche questi, ma con qualche sospetto in più. Tipo i ben 8 casinò 8 tirati su nella parte meridionale olandese di Sint Maarten (la metà superiore è francese) in cui si mormora diffusamente di riciclaggio diffuso da parte di narcos e ‘ndrangheta, ma sui quali gli gnomi di Amsterdam, per ora, girano le spalle, nonostante comincino a fiorire richieste di indagini e chiarimenti.

di Alessandro Caprettini
giornalista


Fonte: Alessandro Caprettini
[]
[]
[]
[]
[]
[]
[]
[]
[]
[]
[]
Media partnership
[]

Realizzazione siti web www.sitoper.it
cookie