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NATO Defense College Foundation: conferenza su "Confronting Criminal Terrorist Threats"

13-12-2019 17:41 - Ambasciate
GD - Roma, 13 dic. 19 - NATO Defense College Foundation ha promosso una conferenza su "Confronting Criminal Terrorist Threats", collaborazione con il NATO Science for Peace and Security Programme, il Policy Center for the New South e il NATO Defense College, nella Sala della Protomoteca, Musei Capitolini, Campidoglio, con la partecipazione di più di 200 persone e oltre 20 giornalisti.
Nell’arco di tre sessioni, lo scopo dell’evento è stato quello di discutere le evoluzioni più recenti delle strategie e delle strutture dei network jihadisti dopo la sconfitta territoriale del Califfato Islamico. Gli interventi degli oratori hanno delineato quali sfide emergenti gli attori nazionali e internazionali si troveranno ad affrontare: dalla connessione sempre più profonda tra reti criminali e terroristiche alla struttura sempre più complessa dei loro assetti finanziari; dai nuovi terreni di scontro ai focolai di radicalizzazione in Europa e oltre.
Il dibattito si è poi concentrato sulle misure concrete più adatte per contrastare efficacemente e su più livelli tanto la propaganda jihadista e il traffico illecito online, quanto l’estremismo violento in zone di conflitto.
Alessandro Minuto-Rizzo, presidente della NATO Defense College Foundation, ha detto che “negli ultimi anni, abbiamo assistito all’evoluzione del concetto di sicurezza, che si sta sempre più ampliando col passare del tempo. Attori non-statali di diverso tipo, gruppi e a volte persino singoli individui, stanno portando alla luce una realtà diversa, ponendo una seria minaccia alla comunità internazionale. Oltre Al Qaeda e la sconfitta dello Stato Islamico, siamo oggi testimoni dell’ascesa di un terrorismo di nuova generazione e di tutta una serie di rischi legati alle tendenze sociali di un mondo sempre più globalizzato”.
Da parte sua Stefano Silvestri, vicepresidente della NATO Defense College Foundation, ha sottolineato che “la vittoria militare sul sedicente Califfato non ha di certo messo fine alla minaccia terroristica. La guerra al terrore ha avuto qualche successo, ma è lungi dall’essere definitivamente vinta. Le attività di contro-terrorismo dovrebbero dare priorità alle indagini sull’economia sommersa e cercare di esercitare una pressione sempre maggiore sulla criminalità organizzata al fine d’indebolire il suo legame con le organizzazioni terroristiche, privandole dei mezzi di autofinanziamento”.
Fernando Reinares, direttore del Programma sulla Radicalizzazione Violenta e il Terrorismo Globale, dell'Elcano Royal Institute di Madrid, ha annotato che “a partire dal 2013, lo Stato Islamico è stato in grado d’innescare una straordinaria mobilitazione jihadista, in particolare in Europa occidentale. I giovani musulmani (18-25 anni) che vivono in questa parte del continente sono rappresentati da una percentuale di foreign fighter in Siria e Iraq che è di 20 volte maggiore rispetto a quella dei foreign fighter provenienti dal resto del mondo. ll salafismo spesso insegna che le democrazie e i valori occidentali sono haram, vietati. Non è un caso che in Europa ci sia una stretta correlazione tra un’alta presenza di predicatori salafiti e un alto livello di radicalizzazione”.
Louise Shelley, direttrice del Terrorism, Transnational Crime and Corruption Center e professoressa della Schar School of Policy and Government della George Mason University di Fairfax, ha affermato: “Giusto per darvi un’idea della dimensione dei network criminali transnazionali, un caso perseguito di recente negli Stati Uniti ha rivelato una rete cinese di traffici illeciti attiva in più paesi nel mondo (tra cui USA e Australia) e da cui oltre 40.000 soggetti hanno acquistato beni. La dimensione del virtuale permette al crimine transnazionale di operare in modo molto più anonimo: la consegna dei prodotti è più rapida e consente la creazione di reti più agili rispetto a organizzazioni più strutturate e, quindi, più rigide. Gli attori coinvolti sono tanto statali quanto non statali e al giorno d’oggi vengono trafficati persino beni immateriali come malware, ransomware, botnet e proprietà intellettuale”.
Jeffrey Hardy, direttore generale del Transnational Alliance to Combat Illicit Trade di New York ha detto: “Che ruolo gioca il traffico illecito nel finanziamento delle organizzazioni terroristiche? Innanzitutto, il commercio illegale ha un impatto diretto sul PIL di un paese, poiché le entrate fiscali vengono sottratte all’economia ufficiale. L’impatto più grande è poi ovviamente sui paesi in via di sviluppo. Di conseguenza, le economie illegali favoriscono la corruzione e l’indebolimento dello stato di diritto, creando così un terreno fertile per altre attività criminali e terroristiche”.
Filippo Musca, direttore generale de The Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights di Siracusa, ha ricordato che “quanto più uno Stato è fragile, tanto maggiore è la possibilità per un gruppo criminale o terroristico di acquisire influenza. I gruppi terroristici si stanno sempre più adattando alle dinamiche dei gruppi criminali, modificando strutture e modalità operative. Le attività di contro-terrorismo devono affrontare le cause alla base del fenomeno ed essere proattive, tenendo in considerazione la forza d’attrazione di tali gruppi. La povertà e la mancanza di opportunità sono tra i principali fattori che possono portare alla radicalizzazione. Di qui la necessità di analizzare il contesto sociale e politico in cui i gruppi nascono”.
* Per informazioni, contattare l’Ufficio Stampa e Comunicazione della NDCF: ndcf.pressmediarelations@gmail.com
Sofia Mastrostefano (sofia.mastrostefano@natofoundation.org) – +39 366 254 20 29
Jacopo Ricci (jacopo.ricci@natofoundation.org) - +39 393 016 04 00
Federica Saccucci (fsaccucci.ndcf@gmail.com) - +39 347 398 52 25
Media Partner dell’evento sono stati Al Arabiya English e Agenzia Dire
L'evento si è svolto con il supporto di Philip Morris International.


Fonte: Redazione
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