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Lettera dell’ambasciatore cinese in Italia, Li Junhua, alla direzione del quotidiano “La Repubblica”

01-12-2019 15:52 - Ambasciate
GD - Roma, 1 dic. 19 - Lettera dell’ambasciatore cinese in Italia, Li Junhua, alla direzione del quotidiano “La Repubblica”, pubblicata oggi a pag. 17, sulla vicenda delle critiche da lui mosse ai parlamentari italiani per aver ospitato, in videoconferenza al Senato, Joshua Wong, leader dei manifestanti di Hong Kong.

Questo il testo della lettera, intitolata “L’ex colonia è parte della Cina. Niente ingerenze nella nostra politica"
"Caro direttore, Sulla situazione di un Hong Kong vorrei chiarire dei punti, sperando che possono aiutare tutti a comprendere in modo completo la verità. La missione più impellente per un Hong Kong al momento e fermare la violenza ripristinare l'ordine. Le attività violente hanno già spinto un Hong Kong in una situazione molto pericolosa. Qualsiasi governo o partito politico con buon senso e che rispetti la legge non tollererebbe tali crimini commessi dai rivoltosi.
L'ondata di manifestazioni per la legge sull'estradizione ha già chiaramente cambiato sostanza ed è diventata la farsa di una “rivoluzione colorata”. Solamente proseguendo sulla strada di “un Paese, due sistemi” Hong Kong potrà prosperare nel lungo termine. Da quando è tornata la Cina, 22 anni, fa grazie all'importante sostegno della madrepatria, Hong Kong ha potuto continuare ad essere un centro per la finanza internazionale, la logistica, il commercio. Una città che è stata spesso presa d'esempio come una delle regioni con l'economia più libera e dotata di maggior competitività.
Secondo le stime, da giugno a settembre di quest'anno, le perdite di profitti nelle quattro macro aree – turismo, vendite al dettaglio, ristorazione e import-export - sono ammontate a 300 miliardi di dollari di un Hong Kong. Il PIL della città è calato dello 0,4% e, nel terzo trimestre, la discesa è stata il 3,2%. L’economia di un Hong Kong, quindi, è già entrata in una fase di recessione tecnica.
Ciò che occorre ribadire che “un Paese” è la premessa e la base per attuare i “due sistemi”: questi ultimi appartengono e nascono da “un Paese” e si uniscono all'interno di “un Paese”.
Gli affari di un Hong Kong appartengono soltanto alla politica interna cinese e non è tollerabile l'intromissione da parte di forze straniere. Ultimamente alcuni politici degli Stati Uniti tentano, con azioni, quale l'appropriazione da parte del Congresso degli USA del “decreto legge sui diritti umani e la democrazia ad un Hong Kong” di presentare i violenti in “combattenti per la democrazia”, di diffamare i poliziotti dediti al loro dovere accusandoli di “repressione violenta” e definendo azioni illecite e violente “lotta per la libertà”.
Giudicare i fatti non in base alla verità e sempre usare due pesi e due misure è davvero il modo di preoccuparsi dei diritti della democrazia? No, si tratta invece di una forma di pura ingerenza nella politica interna degli altri Paesi.
Vorrei sottolineare che, a prescindere da come cambieranno i venti, Hong Kong fa parte della Cina. Questa verità di fondo non cambierà. I piani di coloro che vogliono mettere Hong Kong nel caos non potranno che fallire.
Come affermato il presidente Xi Jnping la risolutezza del governo cinese nel tutelare la sovranità, la sicurezza e lo sviluppo della Cina è incrollabile, così come lo è la volontà di portare avanti “un Paese e due sistemi” e di opporsi all'ingerenza di qualsiasi forza straniera negli affari di un Hong Kong”.


Fonte: La Repubblica
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