05 Maggio 2024
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Covid-19: per ristoratori italiani a Londra «l'epidemia è come una seconda Brexit»

15-05-2020 17:10 - Made in Italy
GD - Londra, 15 mag. 20 - (Londra'Italia) - Per ristoratori italiani a Londra «l'epidemia di Covid-19 è come una seconda Brexit». «La ristorazione non sarà mai più come prima»: è preso dallo sconforto Angelo Todaro, floor manager in forze ad "IT", ristorante del lusso a Dover Street a Londra. Ventennale esperienza nella ristorazione londinese, affronta oggi, insieme ai suoi colleghi una sfida inedita per l’hospitality. Quasi totalizzante. La professione che per eccellenza è basata sulla socialità, l’approccio, il rapporto, è oggi messa in crisi dal social distancing nella fase due del Covid-19. C’è ancora da attendere per il pieno dispiegarsi ma nei ristoranti, pub, tavole calde, le domande e gli interrogativi si fanno pressanti.
«Come regoleremo l’entrata dei clienti? Opteremo per le posate usa e getta? E i menu?». Sono solo alcune delle domande che Todaro si pone. «Ovviamente non ci si potrà alzare dal proprio tavolo per salutare un amico, un conoscente o farsi un selfie con personaggio famoso. E con i tavoli, quanta gente potremmo servire?».
Domande che rimbalzano di cucina in cucina, sala in sala. Sono le medesime che si pone Antonio Ciardiello, general manager di "Beast", ristorante che, della socialità gomito a gomito, con lunghe tavolate in stile taverna, ha fatto la cifra distintiva. «I nostri tavoli lunghi ci permettono di far accomodare fino a 112 persone l’una al fianco dell’altra. È concepito per grandi sitting. Ci adegueremo ai nuovi standard, certo, ma si ridurrà la capacità», ha detto Ciardiello, il quale però non è proprio convinto che la fase due sia prossima. «Se mi chiedi come vedo il post Covid-19, ti rispondo semplicemente che non lo vedo. Siamo in alto mare. Non ci sono linee guida, non c’è chiarezza. Ho letto numerose proposte, il plexiglas, le distanze, i tavoli senza set-up, surreale. Difficile pensare, per noi che siamo abituati, a limitare il contatto. Dai lavapiatti ai camerieri alle interazioni con i clienti, è dura», ha annotato. In fondo, vai al ristorante per goderti l’atmosfera, rilassarti. «A queste condizioni viene difficile andare a mangiare fuori. Sarà più facile che la gente ordini take-away e se lo mangi a casa con gli amici», ha aggiunto il manager italiano.
Ed in effetti, l’asporto è la prima delle soluzioni sul piatto per ristoranti e catene alimentari. Lo hanno adottato i ristoranti stellati, i big della ristorazione, da "McDonalds’" a "Pret", passando per i ristoranti italiani. Tra questi c’è il "Novikov", eccellenza nel quadrato del lusso londinese. «Il take-away lo stiamo pensando di fare», ha spiegato Maurizio Amodio, assistant manager del ristorante italiano, «ma non è una priorità assoluta, siamo una struttura solida». Poi, ragionando ad alta voce, mentre in tv la voce del primo ministro Boris Johnson sfuma in sottofondo in occasione del nuovo discorso alla nazione andato in onda ieri sera, Amodio ha incalzato: «Significa che in forza delle future misure, invece di 1.200 coperti in una sera, ne faremo 600. Per noi è sostenibile. Ma per quelle realtà con 50 posti a sedere, beh la vedo dura. Potrebbero non riaprire».
Parliamo di una fetta importante di hospitality londinese in ginocchio per la prolungata chiusura.
«Posso dire che, confrontandomi con colleghi qui e lì, il 20% dei ristoranti potrebbe non riaprire, i piani di riduzione del personale saranno importanti».
Un minuto dopo la riapertura, infatti, venendo a mancare il sostegno del Governo, il famoso Coronavirus job retention scheme, sono a rischio camerieri, lavapiatti e chef. Una mazzata per la ristorazione. «Comincia a sgretolarsi qualcosa», ha ammesso Amodio che conclude: «È un disastro, un vero disastro economico. È per noi come una seconda Brexit».

di Raffaele Vallefuoco

http://www.londraitalia.com/cronaca/ristoratori-italiani-a-londra-per-noi-il-coronavirus-e-come-una-seconda-brexit/



Fonte: Londra’Italia
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