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Azerbaigian-Armenia: è “guerra di comunicati” prima ancora che di frontiera

30-08-2020 14:25 - Ambasciate
GD – Roma, 30 ago. 20 – Sulle tensioni sviluppatesi nel Nagorno Karabakh, al confine tra Azerbaigian e Armenia, ormai a livello internazionale si combatte una vera e propria “guerra di comunicati stampa”, prima ancora che di armamenti. Alle dichiarazioni dell’ambasciatore dell’Azerbaigian in Italia, infatti, ha subito replicato con una nota il Consiglio per la Comunità Armena di Roma, in cui si accusa il diplomatico azero di “bugie e negazionismo”.
Pur avendo ricevuto la nota stampa non per via diretta ma indiretta, solo per completezza di informazione il GIORNALE DIPLOMATICO pubblica di seguito la comunicazione del Consiglio della Comunità Armena di Roma.
«Se la ride Mammad Ahmadzada, ambasciatore dell’Azerbaigian in Italia, citando la presunta abilità armena di contraffare la verità che a suo dire genera “ilarità”.
Fossimo in lui, rappresentante diplomatico di una delle peggiori dittature al mondo (Freedom press index colloca l’Azerbaigian al 167mo posto su 180 nazioni, poco sotto la Corea del Nord…), ci preoccuperemmo delle sorti del suo Paese dove l’opposizione è inesistente, i giornalisti e i membri delle ong non allineati vengono sbattuti in galera.
Nonostante i tanti soldi che regala in giro per l’Europa (Italia compresa), Aliyev rimane un dittatore al pari di Lukashenko o Kim Jong-un e la sua famiglia governa da più di trenta anni una nazione fatta crescere nell’odio contro gli armeni.
Accusa gli armeni, prima nazione al mondo ad aver abbracciato ufficialmente la fede cristiana nel 301, di essersi “appropriati della Chiesa dell’Albania caucasica”, ma non spiega perché allora l’Azerbaigian ha distrutto tutti i monumenti e le chiese armene in Nakhichevan, comprese diecimila croci di pietra (katchkar) di epoca medioevale a Julfa. Come i barbari talebani in Afghanistan con i buddha di Bamiyan… E non sono gli armeni a proclamarsi primo popolo cristiano ma lo dice la storia della Chiesa.
Bugie continua a ripetere la feluca azera sulla storia armena e su quella del Nagorno Karabakh-Artsakh (che non è mai stato storicamente un territorio azero e che giusto un secolo or sono vantava il 95% della popolazione di etnia armena) mescolando a caso informazioni e propaganda, tanto su un tema così complicato e delicato il lettore medio difficilmente riesce a raccapezzarsi.
Sorvola sui massacri e le pulizie etniche che gli armeni residenti in Azerbaigian dovettero subire nei decenni scorsi da Sumgayt in poi e mente sugli antefatti storici della guerra che l’Azerbaigian scatenò contro la piccola repubblica del Nagorno Karabakh, territorio di circa 4mila km2 gentilmente donato da Stalin agli azeri negli anni Venti del secolo scorso.
Un tavolo negoziale per la soluzione pacifica del contenzioso è stato istituito con il Gruppo Minsk dell’OSCE, ma dalle affermazioni dell’ambasciatore si evince che il suo Paese è contrario al dialogo e non accetta il principio che la questione del Nagorno Karabakh possa arrivare a conclusione senza l’uso della forza.
“L’Armenia è un aggressore e l’Azerbaigian è una vittima”, scrive l’ambasciatore, al quale rinnoviamo due domande molto semplici: “Cosa ci faceva il 12 luglio scorso un veicolo militare azero nella zona cuscinetto sul confine azero armeno? Una gita fuori porta?”. E la seconda: “Cosa ci facevano i soldati azeri nella stessa buffer zone? Un pic-nic?”.
L’Azerbaigian deve capire che deve arrendersi all’evidenza che la storia non può essere raccontata a suon di petrodollari…
Ma invero, se una ricostruzione di parte può anche essere scontata (visto il recente richiamo del dittatore Aliyev ai propri ambasciatori perché si diano da fare a livello di comunicazione…), appare tuttavia moralmente inaccettabile il richiamo negazionista – d’altronde buon sangue turco non mente – quando parla degli “eventi della prima guerra mondiale”, riferendosi evidentemente al genocidio armeno perpetrato dall’impero ottomano contro la minoranza armena.
Ecco, vedere riportato su una testata italiana l’intervento di un rappresentante di uno Stato dittatura che mistifica la realtà e pronuncia frasi negazioniste sul genocidio di un milione e mezzo di armeni senza che la redazione senta il dovere di prendere un minimo di distanza da certe affermazioni fa male.
Quale reazione vi sarebbe, chiediamo, se l’ambasciatore di un Paese non democratico inviasse una nota nella quale tra l’altro nega l’Olocausto?
Viviamo in una nazione, l’Italia, nella quale per fortuna tutti hanno diritto di parola e la libertà di informazione è garantita. Ciò però non significa avallare pedissequamente un crimine contro l’umanità».

NdD – Non sappiamo quale sia la citata “testata italiana” che, secondo il comunicato, riporta dichiarazioni di rappresentanti del fronte avverso a quello Armeno, ma respingiamo in modo fermo la presunzione di tentare di manipolare l’informazione adottando quei criteri dirigistici, se non dittatoriali, usati in molti Paesi per “usare” e depistare l'attività giornalistica. Armenia e Azerbaigian, invece che insultarsi e punzecchiarsi a mezzo stampa prima ancora con le armi, meglio farebbero a sedersi attorno ad un tavolo e cercare di trovare una mediazione, una soluzione pacifica, mettendo da parte vecchi rancori e campanilismi, più da tornei di calcio che da relazioni diplomatiche tra Paesi. Del resto, si sa che il torto non sta mai da una parte sola!
Ne guadagnerebbero soprattutto le popolazioni di Armenia e Azerbaigian e, non ultimo, si darebbe un contributo alla distensione.



Fonte: Redazione
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