Un finto finale per finti negoziati: ancora su Russia e Ucraina
27-05-2025 17:13 - Opinioni
GD – Roma, 27 mag. 25 – “Il problema”, sostiene con stupore divertito il giornalista e saggista ucraino Vitalii Portnikov, “è che Trump non ha un Piano B’. Eppure, tutti gli ultimi avvenimenti relativi ai negoziati di pace tra Russia e Ucraina indicano chiaramente che di un “Piano B” ci sarebbe oggi un bisogno estremo, dato che quello trionfalistico del Trump-appena-eletto dimostra ormai di fare acqua da tutte le parti.
Guardiamo ai fatti: da quando, con l’ interposizione a volte surreale del presidente americano, si è arrivati molto vicini a colloqui concreti, che cioè potessero far raggiungere almeno un temporaneo cessate il fuoco, la Russia ha dato il via a una serie di azioni che solo eufemisticamente si può dire prendessero una direzione diversa.
Prima c’ è stata la questione della delegazione inviata a Istanbul dal Cremlino, quando Volodymyr Zelenskyj si dichiarava pronto a partire: era chiaro che il gruppo di funzionari capeggiato dall’ex ministro della Cultura della Federazione Russa era di livello tale da non garantire un mandato effettivo a dirimere problemi di così vitale importanza. Non a caso, appena è stata resa nota la composizione della delegazione, la Borsa di Mosca ha reagito con un forte calo. Poi c’ è stato il fatto che il ministro degli Esteri Lavrov, mentre si soffermava con apparente bonomia sul lavoro in corso dalla parte russa per approntare il Memorandum da discutersi nell’incontro successivo, in quella che poteva sembrare una nota al margine ribadiva contestualmente la necessità di “rimuovere le cause originarie che hanno portato all’ esplosione del conflitto”, una formulazione che sappiamo essere gravida di intenzioni bellicose. Senza poi sottacere il fatto che prima o poi “qualcuno potrà porsi il problema della legittimità a trattare del presidente Zelenskyj”. Questi infatti, in base alla Costituzione del Paese, che si trova in stato di guerra, non ha indetto nei termini canonici una nuova elezione per la carica che ricopre. Non è proprio l’asso nella manica, per i russi, ma è una carta - fasulla a rigor di legge - che questi potranno giocare in qualunque momento di qualunque futuro.)
Addirittura, Lavrov ci ha tenuto a dichiarare che quello della legittimità di Zelenskyj potrebbe essere “uno dei problemi principali” in caso di accordo sulla pace, dato che siffatto accordo potrebbe non essere riconosciuto da un eventuale successore…
“Ma Trump non si accorge che Putin lo sta prendendo in giro?”, continuavano a chiedersi molti osservatori russi dissidenti: la risposta alla domanda, ovviamente, è negativa…
Gli avvenimenti successivi hanno completato l’opera: nello scorso week end, come noto, le forze armate russe hanno lanciato violentissimi attacchi aerei, con missili e droni, contro le principali città dell’Ucraina, colpendo come sempre in modo indiscriminato obiettivi civili di vario tipo. Insomma, le solite storie. Di più: l’intensità degli attacchi è stata considerata la più alta dall’inizio del conflitto.
In modo per molti inatteso, ciò ha provocato un fatto nuovo nel traballante e accidentato “percorso verso la pace” avviato dal presidente americano. Il fatto nuovo è che Trump – pare a seguito di alcune foto sui bombardamenti a Kjĭv postate da un suo aiuto – questa volta ha reagito con umano raccapriccio alle immagini di violenza, indicando chiaramente che la sua pur solida amicizia con Vladimir Vladimirovich si potrebbe incrinare, se questi continua a “fare il cattivo”, e quindi la Russia adesso rischierebbe seriamente di vedersi affibbiare nuove sanzioni. Finora Trump si è limitato a tenere in piedi quelle decretate da Biden, senza promulgarne altre.
A ciò ha fatto seguito, da parte europea, l’annuncio del Cancelliere tedesco Merz, il quale, forte di un accordo con Francia e Inghilterra, e forse presto anche degli Stati Uniti, ha reso noto che agli ucraini d’ora in poi verrà riconosciuto il diritto di usare nelle loro azioni militari anche armi a lungo raggio. La cosa, in realtà, non è di grandissima rilevanza sul piano militare, e riguarda soprattutto i missili ‘Taunus’, forniti dagli USA, che possono colpire obiettivi posti fino a 500-600 km. di distanza. Non si sa bene, però, quanti ne restino ancora a disposizione dell’ esercito ucraino, forse non più di 50. Ma l’impatto sul piano mediatico è stato notevole.
E gli avvenimenti si susseguono ormai in modo incalzante: il “Wall Street Journal” del 27 maggio riporta la notizia secondo cui l’America potrebbe essere d’accordo per un nuovo pacchetto di sanzioni antirusse: non sembra saranno anche di natura finanziaria, oltre che commerciale, e questo è un peccato, perché i margini di manovra nel caso di sanzioni dirette ai movimenti finanziari sarebbero molto ampi, e tali da preoccupare seriamente il Cremlino. Le sanzioni adottate fino ad oggi infatti non toccano le principali banche russe, e in particolare la mastodontica Gasprombank, attraverso cui passano molti dei flussi di pagamento con i Paesi che commerciano con la Russia eludendo le sanzioni occidentali.
In ogni caso, la Russia si è già affrettata a richiedere la convocazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, per discutere le “minacce alla pace” che derivano dalle azioni europee. Il che, se non altro, indica che Mosca quanto meno fa finta di ritenere che qualcosa si sta muovendo sul fronte occidentale … anche se non si tratta certo di un “Piano B”.
Prof. Stefania Jaconis
Docente di Sistemi Economici Comparati
Fonte: Stefania Jaconis
Guardiamo ai fatti: da quando, con l’ interposizione a volte surreale del presidente americano, si è arrivati molto vicini a colloqui concreti, che cioè potessero far raggiungere almeno un temporaneo cessate il fuoco, la Russia ha dato il via a una serie di azioni che solo eufemisticamente si può dire prendessero una direzione diversa.
Prima c’ è stata la questione della delegazione inviata a Istanbul dal Cremlino, quando Volodymyr Zelenskyj si dichiarava pronto a partire: era chiaro che il gruppo di funzionari capeggiato dall’ex ministro della Cultura della Federazione Russa era di livello tale da non garantire un mandato effettivo a dirimere problemi di così vitale importanza. Non a caso, appena è stata resa nota la composizione della delegazione, la Borsa di Mosca ha reagito con un forte calo. Poi c’ è stato il fatto che il ministro degli Esteri Lavrov, mentre si soffermava con apparente bonomia sul lavoro in corso dalla parte russa per approntare il Memorandum da discutersi nell’incontro successivo, in quella che poteva sembrare una nota al margine ribadiva contestualmente la necessità di “rimuovere le cause originarie che hanno portato all’ esplosione del conflitto”, una formulazione che sappiamo essere gravida di intenzioni bellicose. Senza poi sottacere il fatto che prima o poi “qualcuno potrà porsi il problema della legittimità a trattare del presidente Zelenskyj”. Questi infatti, in base alla Costituzione del Paese, che si trova in stato di guerra, non ha indetto nei termini canonici una nuova elezione per la carica che ricopre. Non è proprio l’asso nella manica, per i russi, ma è una carta - fasulla a rigor di legge - che questi potranno giocare in qualunque momento di qualunque futuro.)
Addirittura, Lavrov ci ha tenuto a dichiarare che quello della legittimità di Zelenskyj potrebbe essere “uno dei problemi principali” in caso di accordo sulla pace, dato che siffatto accordo potrebbe non essere riconosciuto da un eventuale successore…
“Ma Trump non si accorge che Putin lo sta prendendo in giro?”, continuavano a chiedersi molti osservatori russi dissidenti: la risposta alla domanda, ovviamente, è negativa…
Gli avvenimenti successivi hanno completato l’opera: nello scorso week end, come noto, le forze armate russe hanno lanciato violentissimi attacchi aerei, con missili e droni, contro le principali città dell’Ucraina, colpendo come sempre in modo indiscriminato obiettivi civili di vario tipo. Insomma, le solite storie. Di più: l’intensità degli attacchi è stata considerata la più alta dall’inizio del conflitto.
In modo per molti inatteso, ciò ha provocato un fatto nuovo nel traballante e accidentato “percorso verso la pace” avviato dal presidente americano. Il fatto nuovo è che Trump – pare a seguito di alcune foto sui bombardamenti a Kjĭv postate da un suo aiuto – questa volta ha reagito con umano raccapriccio alle immagini di violenza, indicando chiaramente che la sua pur solida amicizia con Vladimir Vladimirovich si potrebbe incrinare, se questi continua a “fare il cattivo”, e quindi la Russia adesso rischierebbe seriamente di vedersi affibbiare nuove sanzioni. Finora Trump si è limitato a tenere in piedi quelle decretate da Biden, senza promulgarne altre.
A ciò ha fatto seguito, da parte europea, l’annuncio del Cancelliere tedesco Merz, il quale, forte di un accordo con Francia e Inghilterra, e forse presto anche degli Stati Uniti, ha reso noto che agli ucraini d’ora in poi verrà riconosciuto il diritto di usare nelle loro azioni militari anche armi a lungo raggio. La cosa, in realtà, non è di grandissima rilevanza sul piano militare, e riguarda soprattutto i missili ‘Taunus’, forniti dagli USA, che possono colpire obiettivi posti fino a 500-600 km. di distanza. Non si sa bene, però, quanti ne restino ancora a disposizione dell’ esercito ucraino, forse non più di 50. Ma l’impatto sul piano mediatico è stato notevole.
E gli avvenimenti si susseguono ormai in modo incalzante: il “Wall Street Journal” del 27 maggio riporta la notizia secondo cui l’America potrebbe essere d’accordo per un nuovo pacchetto di sanzioni antirusse: non sembra saranno anche di natura finanziaria, oltre che commerciale, e questo è un peccato, perché i margini di manovra nel caso di sanzioni dirette ai movimenti finanziari sarebbero molto ampi, e tali da preoccupare seriamente il Cremlino. Le sanzioni adottate fino ad oggi infatti non toccano le principali banche russe, e in particolare la mastodontica Gasprombank, attraverso cui passano molti dei flussi di pagamento con i Paesi che commerciano con la Russia eludendo le sanzioni occidentali.
In ogni caso, la Russia si è già affrettata a richiedere la convocazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, per discutere le “minacce alla pace” che derivano dalle azioni europee. Il che, se non altro, indica che Mosca quanto meno fa finta di ritenere che qualcosa si sta muovendo sul fronte occidentale … anche se non si tratta certo di un “Piano B”.
Prof. Stefania Jaconis
Docente di Sistemi Economici Comparati
Fonte: Stefania Jaconis