Rivista Affari Esteri: articolo dell'amb. Sergio Romano al "Corriere" e lettera di Achille Albonetti su Macron e l'atomica

29-11-2019 15:17 -

GD - Roma, 29 nov. 19 - Il GIORNALE DIPLOMATICO pubblica un articolo delll'amb. Sergio Romano per il "Corriere della Sera" e una lettera di Achille Albonetti, direttore della "Rivista Affari Esteri, trimestrale che pubblicherà il carteggio.
- "Macron con la NATO, l'Europa e l'arma atomica" di Sergio Romano
Nella sua lunga intervista a "The Economist" sul futuro dell’Europa, Emmanuel Macron, presidente della Repubblica francese, ha parlato dello stato di salute della NATO con parole politicamente scorrette («morte celebrale») che, come ha ricordato Danilo taino sul “Corriere” del 9 novembre, non sono piaciute alla Cancelliera tedesca. Ma la sua argomentazione (come è riconosciuta da un editoriale de "The Financial Times" dell’11 novembre) è comprensibile. Macron non ha torto quando osserva che l’Unione Europea, se vuole proseguire, non può lasciare ad altri le proprie responsabilità militari nelle zone da cui dipende la sua sicurezza. E non ha torto quando osserva che la NATO, ormai, non è più in grado di affrontare i problemi che maggiormente ci interessano. Ha fatto il suo dovere finché esistevano l’Unione
Sovietica, il Patto di Varsavia e una quinta colonna comunista in molte società europee. Ma oggi, dopo la scomparsa di queste minacce, il Presidente degli Stati Uniti la considera obsoleta ed è disposto ad accettarne l’esistenza soltanto se il Protettore americano verrà adeguatamente rimborsato dai paesi che ne fanno parte. Quando decide di ritirare le sue truppe dalla Siria, Trump non convoca il Consiglio Atlantico per informare i suoi alleati e verificare l’esistenza di un consenso. Quando un altro membro della Nato (la Turchia) decide di approfittare dell’assenza americana nella regione ed entra in Siria per sbarazzarsi dei nostri amici curdi, non chiede l’opinione di Bruxelles. Lo stesso Macron riconosce che l’organizzazione militare del patto Atlantico ha ancora un brillante sistema operativo, ma quel sistema è ormai al servizio di altri obiettivi.
Permette all’America di conservare in Europa una fitta rete di basi militari e di atteggiarsi a protettrice di Paesi, che dopo essere Stati satelliti dell’Unione Sovietica, sono ora satelliti degli Stati Uniti. Quando dice ai suoi partner europei che è giunto il tempo di assumersi le responsabilità della NATO là dove hanno il diritto e il dovere di difendere se stessi, il presidente francese quindi ha ragione. Ma se vuole davvero rendere credibile la sua politica deve completare il progetto mettendo al servizio dell’Europa la sua arma nucleare. Vi fu un momento, fra il 1956 e il 1958, quando tre Stati europei – Francia, Germania e Italia – decisero di lavorare insieme alla costruzione di un ordigno nucleare. Il ministro della Difesa italiano era Paolo Emilio Taviani e la storia di quella vicenda è raccontata in un libro di paolo Cacace («L’Atomica europea») pubblicato da Fazi nel 2004. La collaborazione durò dal 1956 al 1958 e si interruppe quando il generale De Gaulle, tornato al potere nel 1958, decise che non sarebbe stato un condominio nucleare europeo e che la bomba sarebbe stata soltanto francese.
Se tiene davvero al suo progetto, signor Presidente Macron, condivida questa bomba.
Sergio Romano

- Lettera di Achille Albonetti, direttore della "Rivista Affari Esteri".
Caro Ambasciatore, lei è uno dei rari autori – con Danilo Taino – che ha commentato in Italia e sul medesimo “Corriere” l’intervista a “The Economist” del Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron. Opportunamente, inoltre, ha ricordato nel suo articolo che l’Italia nel 1958 si accordò con la Francia e la Germania per la costruzione di un’atomica europea. L’iniziativa, purtroppo, fallì per l’intervento di de Gaulle, ma soprattutto per il veto degli Stati Uniti.
Ha anche citato il volume di Paolo Cacace “L’Atomica europea” nel quale si riferisce sull’Accordo. Vorrei aggiungere il fondamentale scritto del professor Leopoldo Nuti “La sfida nucleare. La politica estera italiana e le armi atomiche” 1945-1991” e la mia intervista al medesimo “L’Italia, l’atomica e l’Europa”.
Ricordo che l’Italia, dopo nove anni di resistenza, ratificò il Trattato per la non proliferazione nucleare (TNP). Appose, tuttavia, all’atto della ratifica, una clausola restrittiva e condizionante, secondo la quale, in caso di un eventuale iniziativa per un deterrente atomico europeo, l’adesione italiana al TNP non
può ostacolare la partecipazione dell’Italia.
Vorrei notare che la Francia, con il Trattato di Aquisgrana del 22 Gennaio 2019, ha praticamente accolto la Germania nell’Accordo militare e nucleare del 2010 con il Regno Unito e ne ha fatto una potenza militare nucleare, alleata con la Gran Bretagna e la stessa Francia.
Del resto, alcuni anni fa, la Germania con il Regno Unito, è entrata a far parte dell’enorme impianto accanto a Pierrelatte – il Besse2 – per la produzione di uranio arricchito, portando in dote la tecnica per la costruzione delle centinaia di migliaia di impianti centrifughi, che hanno sostituito il sistema a diffusione gassosa.
L’Italia nel 1968 era azionista della medesima società – allora denominata Eurodif – con il 23 per cento delle azioni. Ne aveva addirittura consentito la creazione e aveva costruito, con l’aiuto della Francia e alla Nuova Pignone in Firenze, uno dei due elementi segreti e qualificanti: i diffusori.
Disponendo di una arma atomica europea è, forse, il motivo per il quale Macron può permettersi di ridicolizzare la NATO e l’Unione Europea.
Colgo l’occasione per inviarle in allegato una mia nota di commento al lungo articolo de “The New York Times” del 22 Ottobre scorso riguardo alla Turchia con l’arma atomica. Se non erro, tale importante evento è stato ignorato, non soltanto in Italia. Mi consenta di suggerirle un suo autorevole intervento sul tema.
Achille Albonetti


Fonte: Rivista Affari Esteri