Africa Occidentale: i raid USA e il nuovo paradigma della sicurezza

29-12-2025 14:36 -

GD - Roma, 29 dic. 25- Il 25 dicembre, gli Stati Uniti e la Nigeria hanno condotto attacchi missilistici contro obiettivi terroristici nello Stato di Sokoto, nel nord-ovest della Nigeria, rappresentando una delle più rilevanti operazioni militari straniere nella recente storia dell'Africa Occidentale.
Queste azioni, autorizzate da Donald Trump e approvate in precedenza dal presidente nigeriano Bola Tinubu, erano finalizzate a neutralizzare cellule di combattenti jihadisti affiliati allo Stato Islamico, ISPP, anche se la specifica affiliazione di tali gruppi è oggetto di dibattito tra gli esperti, data la complessità del panorama jihadista regionale.
Le autorità statunitensi e nigeriane hanno definito tali attacchi “di precisione”, sottolineando l'obiettivo di evitare danni alla popolazione civile. A differenza del Nord-est del Paese, in particolare nello Stato di Borno dove la presenza jihadista è più strutturata e ben documentata, la minaccia terroristica a Sokoto e negli stati limitrofi del nord-ovest si presenta in modo più frammentato.
Qui operano sia militanti legati al jihadismo transfrontaliero sia gruppi di banditi che hanno progressivamente adottato forme di radicalizzazione di matrice islamista estremista.
L'analisi dei raid statunitensi nell'Africa occidentale indica che tali interventi non rappresentano semplici operazioni di contro terrorismo.
Piuttosto, costituiscono segnali di natura politica e militare in un contesto caratterizzato dall'instabilità del Sahel e dalla competizione strategica tra le principali potenze globali, le quali tendono ad approfittare della fragilità degli Stati dell'area.
Dal punto di vista militare, la scelta statunitense è chiara. Colpire con capacità “stand-off”, cioè a distanza, attraverso missili lanciati da piattaforme navali o con assetti a pilotaggio remoto (droni), riducendo al minimo la presenza fisica militare sul terreno. È un modello che riflette una lezione maturata negli ultimi anni in Africa. La disponibilità di basi e corridoi logistici occidentali nel Sahel, infatti, non è più garantita a causa dei recenti colpi di Stato, riallineamenti diplomatici e la crescente ostilità verso l'occidente.
La cosiddetta “guerra oltre l'orizzonte”, secondo la definizione dei vertici militari statunitensi, permette di condurre operazioni senza impiegare contingenti sul territorio, minimizzando così le vulnerabilità e i costi legati a una presenza permanente in loco e rafforzando contestualmente la capacità deterrente.
Tuttavia, la deterrenza non può essere considerata una soluzione di lungo periodo, né tantomeno una vera e propria strategia politica, soprattutto in un contesto instabile come quello africano. Un'operazione di raid può eliminare un campo di addestramento, interrompere infrastrutture logistiche o costringere una rete armata a disperdersi temporaneamente.
Difficilmente, però, può risolvere alla radice conflitti caratterizzati da attori volatili per natura, da alleanze tribali opportunistiche e da confini spesso indefiniti.
A causa dell'aumento della povertà e di una gestione amministrativa inefficiente, il nord-ovest della Nigeria è divenuto, negli ultimi anni, un contesto in cui fenomeni quali banditismo, criminalità organizzata e militanza jihadista si intrecciano, spesso assumendo forme ibride di difficile identificazione. Sottolineare che l'operazione sia stata condotta con il consenso presidenziale e il coordinamento dei servizi di intelligence non rappresenta un mero dettaglio procedurale.
Tale puntualizzazione contribuisce a contrastare la percezione di una violazione (esterna e unilaterale) del territorio nazionale e a controbilanciare la narrativa, diffusa all'interno del Paese, secondo cui il governo avrebbe ceduto il controllo a una potenza straniera di matrice occidentale.
La Nigeria, quale rilevante potenza demografica e politica nella regione, non può consentire di essere percepita come un Paese “commissariato”, soprattutto in una fase caratterizzata da marcate tensioni nazionaliste e retoriche antioccidentali.
L'approccio adottato dal governo nigeriano deve pertanto essere inteso come il risultato di una gestione volta a bilanciare responsabilmente le esigenze militari con quelle politiche, perseguendo l'obiettivo di massimizzare i risultati operativi e, al contempo, minimizzare il costo associato a un intervento di sicurezza.
Per quanto riguarda la dimensione geopolitica, essa si presenta con una portata ancora più significativa. Il raid evidenzia l'intenzione degli Stati Uniti di riaffermare un ruolo centrale nella presenza e nella sicurezza dell'Africa occidentale, una regione ormai divenuta teatro di aperta competizione internazionale.
La Russia, attraverso la prosecuzione del modello Wagner e la sua riorganizzazione, sta rafforzando la propria influenza in diversi Paesi del Sahel; la Cina continua a consolidare la propria presenza negli Stati membri della ECOWAS tramite crescenti investimenti economici e infrastrutturali, con effetti rilevanti anche nel settore della sicurezza; la Turchia, infine, intensifica la cooperazione militare e l'export di sistemi d'arma, in particolare droni e armamenti leggeri. In tale scenario, la Nigeria rappresenta un nodo geopolitico di primaria importanza per gli Stati Uniti. Washington è chiamata a contenere l'espansione dell'influenza di altri Paesi e, contestualmente, a contrastare l'attività di reti jihadiste e gruppi criminali nella regione del Golfo di Guinea, con l'obiettivo di tutelare i corridoi strategici per il commercio, la sicurezza e le principali rotte marittime internazionali.
Anche l'Europa, caratterizzata da una tradizionale prudenza nelle decisioni, osserva con attenzione l'area, adottando una prospettiva differente. L'interesse principale riguarda le dinamiche migratorie, le reti criminali transnazionali e, più in generale, la stabilità dei corridoi economici, che rappresentano una priorità nel Mediterraneo. L'Unione Europea valuta che, laddove insicurezza e instabilità politica si diffondono, aumenti la capacità delle organizzazioni criminali di sfruttare la mobilità e la vulnerabilità delle comunità, influendo sui flussi irregolari di merci e persone diretti verso la EU.
Il raid “Nigeriano”, quindi, non si limita a individuare un obiettivo militare specifico. Al contrario, ridefinisce la narrazione relativa a chi stabilisce l'agenda economica e di sicurezza nell'Africa Occidentale e sottolinea quanto siano rilevanti, nel contesto attuale, le implicazioni politiche di un'azione militare ancora prima delle sue conseguenze operative sul campo.

Avv. Lorenzo Coronati
Esperto di rischio politico, governance aziendale e area Africa Occidentale