Europa decide cautela su asset russi: ma ore occorre fermare la guerra
20-12-2025 11:24 -
GD - Roma, 20 dic. 25 - Alla fine il Consiglio Europeo ha deciso la linea della cautela nel non utilizzare gli asset russi a garanzia degli aiuti e della ricostruzione dell’Ucraina. Beninteso gli asset rimangono congelati e non utilizzabili dalla Federazione Russa fino a nuove decisioni: si tratta di una scelta che ancora può incidere per esercitare una forte pressione negoziale. Ora si tratta infatti di mettere alla prova la Federazione Russa per verificare se la pace è davvero un obiettivo condiviso. Occorre perciò il coraggio di un’Europa ora più incisiva, sul piano etico e diplomatico: una tregua immediata non è la conclusione del conflitto, ma la sua soglia morale, da perseguire subito. In gioco c’è la vita di uomini ancora costretti a combattere e di civili che rischiano nuovi esodi forzati e ulteriori lutti a causa dei bombardamenti indiscriminati. È su questo terreno che oggi va affrontato il confronto con i negoziatori di USA e Russia: non sulle dichiarazioni, ma sulla disponibilità concreta a cessare il fuoco ora, senza subordinare la fine delle ostilità alla soluzione preventiva di questioni che, per loro natura, richiederanno tempo, negoziati lunghi e passaggi di legittimazione democratica. I territori occupati, le garanzie di sicurezza, persino il tema dei confini e dell’adesione dell’Ucraina alla NATO toccano il nucleo della sovranità ucraina, sancita da trattati internazionali e dalla Costituzione di Kiev. Non possono essere definiti sotto le bombe, né senza un coinvolgimento multilaterale degli altri Stati “garanti”, dei Parlamenti e, con ogni probabilità, di una consultazione popolare degli ucraini. Pretendere che tutto sia risolto prima di un cessate il fuoco significa, nei fatti, accettare che la guerra continui. È davvero questa la strada che si vuole lasciare aperta? Da qui nasce la necessità di esercitare ogni pressione legittima per fermare le armi. In questo quadro non va affatto concluso il discorso sugli asset russi: l’intimazione al loro utilizzo - effettivamente temuto da Putin – deve rimanere un strumento negoziale per far cessare la guerra. L’argomento secondo cui tale scelta causerebbe instabilità finanziaria e violerebbe il diritto internazionale non regge a un esame serio. La possibile reazione di Mosca sui residui capitali europei ancora presenti in Russia sarebbe irrilevante rispetto al quantum delle altre risorse necessarie alla difesa e alla copertura degli aiuti all’Ucraina. Inoltre, l’Europa resta uno dei principali spazi globali di stabilità giuridica e affidabilità finanziaria: non esistono alternative credibili capaci di sostituirla come luogo sicuro per le riserve internazionali. Chi investe in Europa lo fa perché confida nello Stato di diritto, che si concretizza anche nel non rimanere inerti di fronte alla sua violazione. Quanto ai profili di diritto internazionale la riflessione dei giuristi converge su questo punto: l’immunità statale non può trasformarsi in una zona franca di impunità quando sono in gioco obblighi fondamentali della comunità internazionale. Le contromisure economiche, se proporzionate e orientate a ristabilire la legalità, trovano fondamento nei principi generali del diritto internazionale. La regola generale dell’immunità statale da misure coercitive non giudiziarie, codificata nella Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e delle loro proprietà (New York, 2 dicembre 2004; Risoluzione dell’Assemblea Generale ONU 59/38), non è assoluta e ammette eccezioni nei casi di gravi violazioni del diritto internazionale. In presenza di un atto di aggressione armata, come quello della Federazione Russa contro l’Ucraina, gli Stati terzi possono adottare contromisure ai sensi degli Articles on Responsibility of States for Internationally Wrongful Acts (ARSIWA), elaborati dalla International Law Commission e approvati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Risoluzione A/RES/56/83 del 12 dicembre 2001. Gli articoli 49–54 degli ARSIWA stabiliscono che tali misure devono essere necessarie, proporzionate e temporanee, finalizzate alla cessazione dell’illecito e alla riparazione del pregiudizio, e devono cessare nel momento in cui lo Stato responsabile adempia ai propri obblighi internazionali. È esattamente entro questa cornice che si colloca l’azione dell’Unione Europea, che può dunque ancora subordinare l’eventuale utilizzo vincolato dei beni russi congelati - destinati alla ricostruzione del Paese aggredito - al persistente rifiuto di un cessate il fuoco. Il nodo, dunque, è prima di tutto etico e politico. Gli asset congelati rappresentano una possibile pressione da non accantonare: è legittima e legata esclusivamente alla cessazione della guerra, per consentire la prosecuzione dei negoziati senza la minaccia incombente delle armi. Occorre perciò insistere nell’azione diplomatica perché la Russia dimostri ora una reale volontà di pace: il cessate il fuoco immediato è il banco di prova. Senza una pressione reale sul presente, la pace resterà rinviata a un futuro che qualcuno si ostina a negare.
Maurizio Delli Santi International Law Association