Putin si avvia velocemente verso l’inizio della fine

12-09-2025 08:14 -

GD - Roma, 12 set. 25 - Putin si avvia velocemente verso l’inizio della fine. Nel 2020, il presidente Vladimir Putin ha annunciato una serie di riforme costituzionali che hanno modificato pesantemente l’assetto politico (e democratico) della Russia. Le modifiche volute dallo “zar” hanno segnato una svolta verso un regime molto più autoritario e repressivo della politica russa: di fatto è stata azzerata qualsiasi possibilità per qualsiasi forma di opposizione di poter partecipare alla vita politica della Federazione.
La riforma costituzionale voluta da Putin prevede anche “l'azzeramento dei mandati presidenziali già ricoperti da Putin”, cioè come se non avesse mai occupato il ruolo di Presidente della Federazione russa. Questo era necessario all’epoca perché altrimenti non avrebbe più potuto candidare per altri due mandati consecutivi, ovvero fino al 2036.
Tatiana Stanovaya, fondatrice e direttrice di R.Politik e studiosa non residente presso il Carnegie Center di Mosca, ha analizzato il funzionamento dell'attuale sistema politico russo e il crescente sentimento anti-Putin della popolazione, soprattutto tra i giovani.
Ma questo sentimento anti-Putin sarà sufficiente a fare cambiare rotta alla politica russa? Secondo Tatiana Stanovaya “non è possibile fare alcuna previsione senza analizzare la dicotomia tra la politica e la realtà istituzionale interna della Russia”.
La legislazione vigente è stata modifica in materia di governo, sistema giudiziario, applicazione della legge, parlamento, sicurezza (in particolare per quanto riguarda il Consiglio di Sicurezza) e politica sociale.
Con la riforma costituzionale, il presidente russo ha ottenuto privilegi importanti che gli permettono, ad esempio, di superare i veti del Parlamento e anche una eventuale richiesta di impeachment da parte dei giudici.
Il funzionamento del regime, tuttavia, non dipende solo dai meccanismi di gestione istituzionali, ma dipende anche dalle istituzioni politiche stesse. Quindi, entra in gioco anche la dimensione politica, che implica la capacità di assicurarsi il supporto e la fedeltà delle istituzioni chiave - il partito al potere “Russia Unita”, i governatori degli Stati federali e le élite politiche in generale.
Dal punto di vista politico, se il partito al potere perdesse il suo indice di gradimento e diventasse impopolare, anche il sostegno sociale di Putin si ridurrebbe. Il Cremlino potrebbe trovarsi di fronte una opposizione in Parlamento, dove i governatori potrebbero sfidare lo Stato centrale. Questo porterebbe alla caduta del partito al potere.
Senza la capacità di assicurarsi i risultati elettorali desiderati e di contare su un partito di governo forte, la posizione politica di Putin e il suo controllo sugli altri organi di governo si indebolirà drasticamente.
Com’è facile immaginare, Putin ha pensato anche a questa eventualità per assicurarsi la "stabilità" e il controllo politico della Federazione. In realtà, egli ha a disposizione solo due strategie principali: la prima è quella di assicurarsi un ampio sostegno politico, quando il regime si affida al "potere dell'autorità" (basato sulla legittimità popolare); la seconda è quella di ricorrere all'autorità del potere, che implica l'affidamento a misure repressive, piuttosto che a strategie democratiche e di confronto con eventuali oppositori.
Per queste ragioni, a partire dal 2018 il regime di governo ha iniziato a passare lentamente dal "potere dell'autorità" alla "autorità del potere". Il regime è diventato più repressivo e conservatore. L'incarcerazione e l'avvelenamento di Navalny, la repressione del suo partito politico, Russia del Futuro (Россия Будущего), dello staff regionale e persino dei comuni attivisti dell'opposizione rappresentano solo la punta di un iceberg di quella che la pervasività della persecuzione in Russia nei confronti di qualsiasi forma di opposizione.
Il regime esercita una pressione senza precedenti su media e giornalisti, una serie di nuove leggi repressive e l'illegalità non più tollerata, ma incentivata dei servizi di sicurezza.
Il 2020 ha rappresentato un momento cruciale nella storia della Russia, quando il regime ha compiuto una svolta radicale verso l'autoritarismo e la repressione, senza alcuna tolleranza per i critici anti-Putin. Di fatto, l'anti-Putin, tradizionalmente etichettato come "opposizione non sistemica", è stato reso illegale in Russia.
Ma le cose stanno cambiando e oggigiorno la leadership di Putin è messa in discussione da quegli stessi oligarchi che hanno tratto i maggiori benefici dal suo regime.
All’inizio della guerra in Ucraina, hanno lasciato fare perché pensavano si risolvesse favorevolmente e presto. Non è andata così, e in uno stato governato da bande criminali questo fa la differenza. La guerra in Ucraina è in totale stallo. È andata avanti per troppo tempo e adesso deve finire, perché malgrado i proclami e le sfilate di Putin in vari contesti internazionali la Russia è sempre meno in grado di gestire gli attacchi alla raffinerie da parte degli ucraini. La Rosneft ha perso una quota significativa della sua capacità di raffinazione nei principali impianti e questo sta mettendo a rischio la sopravvivenza stessa dell’azienda.
Ancorché non è permessa una opposizione palese all’operato di Putin, esiste un malcontento generale crescente tra gli oligarchi che iniziano a lavorare sottotraccia contro il regime per far finire la guerra di logoramento con l’Ucraina che sta erodendo anche l’economia russa. L’illusione che la presidenza americana aveva generato promettendo di far finire la guerra rapidamente si è ormai esaurita, mentre è ben evidente che la guerra finirà, ma molto lentamente. Ecco perché l’inizio della fine, mai come oggi, è così palese.

Ciro Maddaloni
Esperto di eGovernment internazionale


Fonte: Ciro Maddaloni