11 settembre: l’Europa delle Libertà può fermare disordine internazionale
11-09-2025 10:35 -
GD – Roma, 11 set. 25 - È bene ricordare i tratti di estrema violenza con cui si compirono gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001: una serie di attacchi sucidi coordinati fu diretta contro obiettivi civili e militari degli Stati Uniti d’America dai terroristi di al-Qā ida, che causarono la morte di 2.977 persone, di 19 attentatori, e il ferimento di oltre 6.000 vittime. Quell’esordio del nuovo millennio, con la più grave minaccia terroristica che la storia ricordi, aveva posto termine all’illusione che dopo il crollo del muro di Berlino del 1989 il mondo poteva considerarsi avviato alla pacificazione. Era stata così sconfessata la tesi sulla «Fine della Storia» con cui Francis Fukuyama riteneva che ormai la sfida delle democrazie fosse stata vinta e prendeva corpo, invece, quella sullo «Scontro di Civiltà», anticipata da Samuel Huntington in un articolo pubblicato nel 1993 su “Foreign Affairs”. Troppe derive dalla prosperità di ogni società si erano andate delineando in quella fase storica di radicali mutamenti anche per effetto dei processi migratori e degli altri esiti delle diseguaglianze determinate dalla globalizzazione. Così gli antichi risentimenti anti-coloniali contro l’Occidente - ora vincitore anche sul comunismo – si univano alle rinnovate narrazioni di quella matrice radicalizzata dell’Islam sorta con la Fratellanza Musulmana fondata da Hassan Al Banna (1906-1949) e ripresa da Sayyid Qutb (1906-1966) per esplodere nelle violenze di al-Qā ida e poi del Daesh: sarebbe iniziata l’era della nuova jihad che mirava a ricostituire un Califfato universale che restituisse dignità a popolazioni, tra cui quella palestinese, vittime della esclusione del nuovo mondo, ma che nella realtà avrebbe fatto solo arretrare l’umanità nella dimensione del terrore. Il richiamo a quell’11 settembre va oggi evocato insieme ad altre due date più vicine: il 22 febbraio 2022, quando la Russia con l’aggressione all’Ucraina - una nazione libera e indipendente, che aveva scelto la via del modello delle democrazie europee - ha dato il via alla deriva epocale su cui si è avviata la fine dell’ordine internazionale fondato sui principi dello Stato di diritto; e il 7 ottobre 2023, quando la strage di Hamas e la reazione sproporzionata di Israele hanno rimesso in discussione tutti i principi di civiltà conquistati con la messa al bando dei regimi di apartheid, delle deportazioni di massa, della pulizia etnica e degli intenti genocidiari (perseguiti dalla stessa Hamas, ma di contro ora anche dall’ estremismo ultranazionalista di Israele). La vulnerabilità estrema in cui si sta avviando l’umanità non viene compresa a fondo e il messaggio di poche voci più attente e ragionevolmente preoccupate viene distorto dalla miseria dello scontro politico di cortile e a fini elettorali, mentre la hybris di attori internazionali pratica solo la mistificazione della storia e della realtà: predicano a parole il bisogno di pace, un nuovo ordine internazionale e qualcuno persino il multilateralismo, e in realtà perseguono disegni egemonici, affaristici e volontà di potenza. Nel ricordo dell’11 settembre è doveroso manifestare solidarietà e concreta vicinanza agli Stati Uniti, per quanto anche per quella tragica circostanza hanno rappresentato un faro per le democrazie e per i popoli che hanno creduto nella libertà e nei principi della Carta delle Nazioni Unite, di cui gli USA di Franklin Delano Roosevelt sono stati i principali promotori. Come è altrettanto doveroso ricordare che è al sacrificio della vita di tanti americani - e ai loro aiuti materiali - che va ascritto il merito oggi dimenticato di avere liberato l’Europa dal nazi-fascismo, e avviato anche l’Italia ad un futuro di pace, libertà e prosperità economica. Nondimeno non ci si può sottrarre dal rimarcare lo sconvolgimento oggi segnato dagli Stati Uniti di Trump che ha manifestato un palese disimpegno dai principi dell’Alleanza Transatlantica fondati sui valori liberali e democratici dell’Occidente, fino ad ingaggiare una assurda guerra commerciale con il suo alleato storico: quell’Europa che ora rischia anche di essere lasciata sola a difendere le sorti dell’Ucraina e dei vicini Paesi del Nord Europa già minacciati dalla Russia di Putin. Cosa può delinearsi in questo quadro? La prospettiva del caos irreversibile è la facile risposta che si legge in molte analisi dei media, ma non ha senso fermarsi alla rassegnazione: nei momenti bui soprattutto chi ha responsabilità di leadership deve avere la forza e la capacità di guardare avanti infondendo fiducia nel futuro, beninteso con il realismo e la concretezza di proposte. La prospettiva è stata appena tracciata anche dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen nel discorso sullo Stato dell’Unione: «L'Europa è in lotta. Una lotta per un continente unito e in pace. Per un'Europa libera e indipendente. Una lotta per i nostri valori e le nostre democrazie. Una lotta per la nostra libertà e la nostra capacità di determinare il nostro destino. Non illudiamoci: questa è una lotta per il nostro futuro». Ai leader spetta dunque la weberiana etica della responsabilità di tracciare la strada per la soluzione delle crisi. È doveroso perciò guardare con minore scetticismo chi in Europa sta evocando una nuova intesa di ‘Volenterosi’, in cui si rivendica il giusto ricorso alla deterrenza delle sanzioni e degli altri strumenti di ricomposizione previsti dal diritto internazionale, che va ripristinato – per l’Ucraina, come per Gaza e Cisgiordania – promuovendo anche un blocco solidale con altri Paesi per un rinnovato ruolo delle Nazioni Unite. L’Italia farebbe bene ad avvicinarsi e a sostenere con più convinzione leader come Macron, Starmer e Merz, e l’attenzione va data anche allo spagnolo Sanchez con la sua iniziativa “Democrazie per sempre” promossa in America Latina: pure lottando contro le fragilità interne ai loro Governi, sono gli unici a poter rappresentare un’Europa forte dei suoi trascorsi e del suo peso geopolitico, capace di esprimere la volontà di respingere un nuovo ordine in cui la forza degli autocrati vorrebbe prevalere sul diritto delle democrazie. Nell’attuale disordine internazionale, in cui può ancora alimentarsi - anche nel lungo - il risentimento in popolazioni irretite da autocrati irresponsabili e da strateghi del terrorismo, è dal modello europeo e dai principi di Ventotene e dei Trattati di Roma che può rilanciarsi pure di fronte al Global South un messaggio compiuto: è l’Europa che in ottanta anni ha saputo costruire in concreto una comunità di Nazioni che ha bandito al suo interno la guerra e ha sviluppato una società aperta, fondata sul diritto internazionale, sui principi liberali della cooperazione - anche in campo economico, altro che la guerra dei dazi! - e del rispetto della dignità e delle libertà dei popoli. Come ha ricordato il presidente Mattarella è questo il momento in cui «il mondo ha bisogno dell’Europa».
Maurizio Delli Santi membro dell’International Law Association