Ogni trauma di questo tipo segna lo sviluppo emotivo e cognitivo, generando un impatto che non si limita al presente ma rischia di condizionare la vita adulta, le relazioni e persino la fiducia nelle istituzioni.
Non meno inquietante è il fenomeno della russificazione forzata nelle aree occupate. Bambini e adolescenti sono obbligati a seguire programmi scolastici imposti da Mosca, che cancellano la lingua e la cultura ucraina per sostituirle con propaganda politica. Questo tipo di manipolazione identitaria rappresenta, sul piano psicologico, una forma di vittimizzazione particolarmente grave, perché mira a cancellare la memoria collettiva e a destrutturare l’identità individuale e nazionale.
Eppure, in questo scenario di devastazione, emergono anche segnali di resilienza. Alcune scuole hanno riaperto in modalità ibride, con aule sotterranee o ambienti messi in sicurezza da interventi internazionali. Organizzazioni come UNESCO e UNICEF stanno lavorando per garantire almeno una parvenza di normalità, creando spazi di apprendimento protetti e introducendo programmi di supporto psicologico. Iniziative come i campi estivi terapeutici, basati su arteterapia e socializzazione, hanno dimostrato di poter restituire ai giovani non soltanto strumenti di elaborazione del trauma, ma anche momenti di speranza e di riscoperta della propria capacità di resistere.
Il punto centrale, tuttavia, resta uno: ogni giorno senza scuola, ogni libro che rimane chiuso, ogni banco che resta vuoto è un diritto violato. La guerra in Ucraina non sta soltanto distruggendo città e villaggi, ma rischia di rubare il futuro di un’intera generazione. E questa è una responsabilità che la comunità internazionale non può ignorare.
Come esperta in vittimologia, ritengo urgente ribadire che proteggere i bambini e i giovani significa difendere il cuore stesso del futuro di un Paese. Occorre garantire loro accesso sicuro all’istruzione, rafforzare i programmi di sostegno psicologico e condannare con fermezza ogni tentativo di strumentalizzare la scuola come campo di battaglia ideologica.
A settembre, in gran parte del mondo, il suono della campanella segna l’inizio di un nuovo anno e di nuove possibilità. In Ucraina, per molti ragazzi, resta invece un’eco lontana, soffocata dalle esplosioni. Restituire a questi giovani il diritto di imparare non è soltanto un dovere morale, è l’unico modo per impedire che questa guerra non generi soltanto macerie fisiche, ma anche un vuoto irreparabile nelle coscienze e nelle speranze future.
Dr. Klarida Rrapaj
Psicologo e Criminologo, Esperto in Vittimologia