L’irresistibile voglia di guerra arriva in India

07-05-2025 17:39 -

GD - Roma, 7 mag. 25 - Più si parla di pace, più se ne invoca la sua realizzazione, più si è costretti a sentire di nuove aggressioni armate, più ci si ritrova a piangere su morti e macerie.
I missili piovuti sul Pakistan e i cinque aerei da combattimento indiani abbattuti sono l’ennesimo segnale di un pianeta che corre affannosamente verso la sua autodistruzione.
Non ci bastavano le mille guerre che falcidiano l’Africa nel totale silenzio dei mezzi di informazione, non erano sufficienti la famigerata “operazione militare speciale” voluta da Putin e lo sterminio dei palestinesi per mano del sanguinario Netanyhau…
Le tensioni internazionali sono amplificate da deliranti leader accecati dalla bramosia di passare alla storia, la cui imbecillità impedisce loro di capire che di questo passo non ci sarà più nessuna storia da raccontare.
Il declino della civiltà sopravanza mentre l’umanità è narcotizzata da intrattenimento di basso cabotaggio e infervorata dai proclami imbarazzanti del populismo più bieco.
Tutti contro tutti e – così facendo – anche tutti contro se stessi. L’importante è avere un nemico, la cosa fondamentale è sovrastare qualcuno più debole.
È la nuova macelleria, figlia dell’intolleranza che ormai non permette più di sopportare alcunché e che spinge a condotte senza sbocco e soprattutto senza ritorno.
È il risveglio di chi si è apparentemente fatto intorpidire dalla morte di Papa Francesco, evento che ha scatenato l’orda di bugiardi che hanno tessuto le lodi di un Pontefice indimenticabile e che hanno spergiurato di aver fatto tesoro dei suoi insegnamenti…
La pace non è una semplice parola di quattro lettere, perché la vita non è un facile cruciverba. La pace non è un sogno o un’utopia, ma un traguardo difficile da raggiungere e non irraggiungibile.
La pace comincia da noi, dalla maggior disponibilità ad accettare gli altri e a riconoscerne diritti e doveri, dalla capacità di immaginare un futuro di coabitazione non ostile.
Si inizi nei rapporti quotidiani, si provi a guardare con occhi diversi quel che c’è intorno, si pensi a conservare e a migliorare. Si guardi quel che resta di Gaza e ci si domandi il perché della distruzione.
Ci si fermi a pensare e ci si chieda da quanto tempo non lo si fa.

Gen. Umberto Rapetto
Già comandante del GAT della Guardia di Finanza