Banca Fucino: ricerca su riorientamento economia cinese verso i consumi

06-05-2025 13:03 -

GD - Roma, 6 mag. 25 - La Banca del Fucino ha presentato una nuova ricerca sul riorientamento dell'economia della Cina verso i consumi. Sono tre, secondo la nuova ricerca dell'Ufficio Studi di Banca del Fucino, i macro-fattori alla base dell'ancora insufficiente sviluppo dei consumi interni in Cina. Dalla ricerca emerge anche come l'Italia possa beneficiare di tale riequilibrio dell'economia cinese.
Questo la sintesi della ricerca.
Con lo scoppio della guerra commerciale con gli Stati Uniti, la Cina è posta di fronte alla necessità di riorientare la propria economia verso i consumi interni. Le difficoltà insite in questa transizione sono però molte. L'analisi completa della situazione è presentata nella nuova ricerca della Banca del Fucino, dal titolo Fine del sottoconsumo? La difficile transizione dell'economia cinese, realizzata dall'Ufficio Studi della Banca.
Nel 2007 l'allora premier della Cina Wen Jiabao definì la crescita dell'economia cinese “instabile, sbilanciata, scoordinata, e insostenibile”. Prima o poi, cioè, il modello di crescita della Repubblica Popolare, basato su investimenti ed esportazioni, non sarebbe più stato in grado di far avanzare la Cina sulla strada della prosperità. Avrebbe quindi dovuto essere riformato in direzione di una crescita maggiormente incentrata sulla domanda interna, e nello specifico sui consumi.
Quel momento è finalmente arrivato: con lo scoppio della guerra commerciale con gli USA, la Cina non può più ritardare il rafforzamento del ruolo dei consumi all’interno della propria economia. È questo infatti, a ben vedere, lo strumento principale a disposizione di Pechino per compensare la perdita dell'accesso al mercato statunitense ed evitare l'insorgere di nuove future controversie commerciali .
Si tratta però di un compito tutt'altro che semplice, perché molte sono le difficoltà oggettive che la Cina dovrà affrontare per edificare un fiorente mercato interno.
La ricerca – che si avvale anche di fonti cinesi di prima mano – mette in primo luogo in luce come l'espressione “sottoconsumo” abbia il limite di sottovalutare i progressi completi da Pechino sul fronte dei consumi. Rispetto all'anno 2000, infatti, i consumi privati in Cina si sono sestuplicati , con un tasso di crescita medio annuo superiore al 9% tra il 2000 e il 2019. Eppure, la strada ancora da fare per raggiungere un livello di consumi analogo a quello dei Paesi occidentali (attorno al 50-55% del pil, ad esclusione degli USA, che superano il 65%) è ancora notevole: il peso dei consumi privati sul pil cinese rimane modesto (meno del 40%), e il tasso di risparmio particolarmente elevato (sopra il 40%) . Per quali motivi, pur nel contesto di una crescita generale, i consumi interni rimangono inferiori al loro potenziale livello di sviluppo?
La ricerca, dopo aver sottolineato il peso congiunturale della crisi immobiliare scoppiata nel 2022 e ancora non del tutto conclusasi, individua tre macro-fattori principali dietro l'ancora insufficiente sviluppo dei consumi nell'economia cinese:
1) Fattori socio-culturali e demografici , legati da un lato alle passate politiche di pianificazione familiare – la più famosa la politica del figlio unico – e dall'altro alla cultura tradizionale cinese, la quale prescrive, per esempio, che i giovani si facciano carico – anche e soprattutto sul piano economico – dell'intera famiglia, non solo dei figli ma anche dei genitori e dei nonni. Il risultato è un importante fardello finanziario sulle spalle delle giovani generazioni di cinesi, tutt'altro che incentiva, quindi, a spendere.
2) Disparità territoriali : la Cina è un Paese di grandi differenze, basti pensare che più del 90% della popolazione vive a est della cosiddetta Linea di Hu Huanyong, linea che divide il territorio cinese in due parti di estensione simile ma con densità di popolazione evidentemente molto diversa. Inoltre, la straordinaria crescita economica registrata dalla Cina a partire dalla fase di Riforma e Apertura – con il pil pro capite cresciuto del 455% tra il 2000 e il 2023 – è stata tanto rapida quanto disomogenea: alcune zone del Paese hanno ormai raggiunto livelli di sviluppo non lontani da quelli dei Paesi occidentali, altre rimangono tutt'oggi notevolmente arretrate.
3) Il sistema di welfare pubblico cinese, noto anche come sistema Hukou . Questo sistema, risalente all'epoca maoista, vincola la fruizione di servizi pubblici come pensioni, sanità e istruzione da parte dei cittadini al loro luogo di nascita. Ma, a causa delle disparità territoriali o ora nominate, in Cina vi è un abbondante numero di migranti interni, persone che si spostano dalle campagne alle città in cerca di migliori opportunità lavorative. I migranti rurali in Cina nel 2023 erano circa 300 milioni, quasi il 40% della popolazione attiva . Questi lavoratori, in quanto migranti interni, non hanno accesso al welfare pubblico nelle provincie in cui lavorano, ragion per cui essi sono costretti a risparmiare fino al 70% del loro reddito in via precauzionale o per la pensione, molto più della media nazionale.
Ciò che emerge dalla ricerca di Banca del Fucino è che ciò che trattiene la Cina dal diventare un colosso internazionale dei consumi è, quindi, un vasto insieme di problematiche complesse, tutt'altro che di facile risoluzione.
In particolare, qualsivoglia risoluzione delle questioni menzionate implica una cosa: debito. Anche solo la riforma del sistema Hukou comporterebbe un ingente peso finanziario aggiuntivo non da poco sulle spalle dei governi locali. Questi ultimi, che in Cina – Stato federale – sono responsabili della concreta attuazione delle politiche del governo e della fornitura dei servizi pubblici, negli anni si sono caricati di ingenti quantità di debito, al punto che nel 2024 , se consideriamo questi debiti all'interno del complessivo debito pubblico cinese, la Cina esibiva un rapporto debito-PIL pari al 124%. Non poco, e certo abbastanza da generare legittime preoccupazioni per la futura stabilità finanziaria del Paese.
Gli ostacoli e le difficoltà, insomma, non mancano. E questo induce a pensare che il processo di riorientamento della Cina verso i consumi interni non potrà che essere graduale e cauto.
Al contempo, le decisioni emerse dalle Due Sessioni del Partito Comunista Cinese di marzo 2025, unite ai dazi senza precedenti varati dagli Stati Uniti appena un mese dopo, hanno reso più urgente l'obiettivo di rafforzare il mercato interno cinese.
Quanto emerge dallo Studio è che Pechino sembra quindi seriamente intenzionata a portare avanti nell'immediato futuro questa difficile transizione economica. Quale sarà l'esito è impossibile saperlo in anticipo. Certamente, però, un Paese esportatore come l'Italia – che può contare su importanti produzioni ad elevato valore aggiunto, così come su un brand forte e internazionalmente riconosciuto, anche nell'ambito dei beni di consumo – ha potenzialmente molto da guadagnare dal riorientamento dell'economia cinese. La proiezione dell'export dell'Italia verso la Cina è infatti ancora molto modesta – meno del 3% del totale esportato – e ci sono quindi ampi margini da sfruttare nella svolta cinese che si profila.
La ricerca completa è disponibile qui: https://bancafucino.it/sites/default/files/2025-05/20250424_Focus_I-consumi-cinesi_v3.pdf


Fonte: Banca del Fucino