Geopolitica dell’energia: la sfida della sicurezza in un mondo instabile

03-05-2025 10:00 -

GD - Roma, 3 mag. 25 - Nel lessico contemporaneo della transizione energetica, la sicurezza è tornata al centro delle agende politiche globali. Dopo la crisi innescata dalla guerra russo-ucraina, che ha messo a nudo la volubilità degli approvvigionamenti europei, il concetto di sicurezza energetica non può più essere declinato solo in chiave ambientale o tecnologica, ma deve essere letto in una prospettiva sistemica che incrocia interessi economici, geopolitica e sostenibilità. Da un lato, abbiamo assistito a una decisa spinta alla decarbonizzazione; dall’altro, la persistente dipendenza da combustibili fossili e l’instabilità delle catene di approvvigionamento ha messo a nudo la fragilità del sistema energetico europeo, evidenziando la necessità di accelerare la transizione verso fonti rinnovabili e modelli di consumo più resilienti.
Eppure, nonostante le dichiarazioni di disimpegno, la domanda globale di carbone ha toccato nuovi record: 8.550 milioni di tonnellate negli ultimi due anni. Cina, India e i Paesi ASEAN rappresentano oltre il 70% del consumo mondiale. In India, la cui produzione elettrica dipende per il 79% dal carbone, la sicurezza energetica prevale ancora sugli obiettivi climatici. L’Indonesia, invece, sfrutta l’aumento della domanda per sostenere l’industria del nickel, cruciale per le batterie elettriche. A fare da contraltare, l’Europa e gli Stati Uniti accelerano il proprio phase-out: l’UE ha registrato un calo del 23% dei consumi già dal 2023, mentre negli Usa la quota del carbone nella produzione elettrica è scesa al 14%, rispetto al 40% di un decennio fa.
In Italia, il carbone copre ormai meno del 2% della generazione elettrica, con un addio completo previsto entro il 2028. Ciò nondimeno, il mercato del petrolio sembra oggi attraversare una fase di calma apparente. I prezzi oscillano stabilmente tra i 70 e i 95 dollari al barile, grazie alla gestione dei tagli da parte dell’OPEC e alla costanza della produzione statunitense di shale oil. Tuttavia, questa stabilità si regge su equilibri sottili: tensioni geopolitiche (Ucraina, Medio Oriente, Mar Rosso), eventi climatici estremi e divergenze nelle previsioni di domanda pongono rischi reali. OPEC, IEA e EIA divergono profondamente: l’Opec prevede un picco della domanda nel 2045 a 116 milioni di barili al giorno, mentre l’IEA lo anticipa al 2028, a 106 milioni.
In assenza di un orientamento univoco, gli investitori brancolano nel buio, indecisi se puntare sull’espansione produttiva o prepararsi alla fine dell’era petrolifera. La corsa verso le tecnologie verdi ha reso centrali risorse come litio, cobalto, rame, terre rare, grafite. Lo scorso anno, la domanda di litio è cresciuta del 30% rispetto all’anno precedente. Ma la catena di approvvigionamento è ancora fortemente concentrata: la Cina controlla circa l’80% della produzione mondiale di grafite e domina il mercato delle batterie elettriche. Questa asimmetria espone i paesi occidentali a gravi rischi strategici, come già emerso nel 2020 durante la pandemia. La Commissione Europea ha identificato 34 materie prime critiche: la loro sicurezza è oggi materia di diplomazia industriale e geopolitica. Il paradosso della transizione è che, per liberarci dai combustibili fossili, siamo diventati dipendenti da un nuovo paniere di risorse, altrettanto geopoliticamente sensibili. Simbolo della decarbonizzazione nei trasporti, l’auto elettrica incontra oggi ostacoli di natura tecnologica, economica e infrastrutturale. In Europa, la domanda è rallentata: la quota di mercato si è stabilizzata, segno di una transizione più lenta del previsto.
Le batterie restano costose, l’autonomia limitata, le reti di ricarica insufficienti. In parallelo, la concorrenza cinese si fa sempre più spietata: Pechino domina l’intera filiera produttiva e impone standard di prezzo difficilmente replicabili. USA e UE hanno avviato misure di difesa commerciale, ma rischiano di restare indietro se non accelerano sulla filiera interna e sull’innovazione industriale.
Il gas naturale liquefatto (GNL) ha svolto un ruolo chiave nel ridisegnare le rotte energetiche europee dopo l’abbandono del gas russo. Tuttavia, già nel gennaio 2024, l’amministrazione Biden ha deciso di sospendere l’autorizzazione a nuovi terminali di esportazione, per valutarne l’impatto ambientale. Questa mossa potrebbe ridurre in futuro la disponibilità di GNL per l’Europa, proprio mentre la domanda interna torna a crescere. L’Italia, intanto, ha puntato su nuovi rigassificatori mobili, ma la sicurezza dell’approvvigionamento resta legata a fattori esterni. In Sardegna, ad esempio, la metanizzazione prosegue a rilento, tra vincoli tecnici, obiettivi climatici e necessità infrastrutturali. Nel silenzio della diplomazia, Mosca ha rafforzato la propria proiezione globale attraverso il nucleare civile. La società statale Rosatom è oggi attiva in oltre 30 Paesi con progetti di costruzione, consulenza e fornitura di combustibile. Questa strategia crea una dipendenza energetica di lungo termine, con implicazioni politiche rilevanti: non si tratta solo di energia, ma di influenza. L’Unione europea, pur promuovendo nuove tecnologie come i reattori modulari (SMR), è ancora divisa sul ruolo del nucleare nel mix futuro.
Due casi emblematici di “non transizione” sono il Kazakistan e la Libia. Nel primo, le politiche energetiche restano ancorate ai combustibili fossili, malgrado le potenzialità rinnovabili. In Libia, invece, l’instabilità politica dalla caduta del Governo Gheddafi ha paralizzato ogni processo di modernizzazione del settore energetico, compromettendo anche i progetti europei di cooperazione internazionale.
La fragilità istituzionale di molti paesi produttori rischia di compromettere l’affidabilità delle forniture in un momento in cui l’Europa cerca nuovi partner per diversificare le proprie dipendenze. In tutto ciò, la virata verso il protezionismo degli USA, la guerra commerciale con la Cina e la relativa imposizione di dazi posta in essere dall’amministrazione Trump, ha reso tutto ancora più complicato. Il concetto di sicurezza energetica deve oggi fare i conti con almeno tre variabili: la sostenibilità ambientale, la resilienza geopolitica e la competitività economica. Il sistema energetico globale si sta riconfigurando lungo nuove faglie e con nuovi attori, ma senza un vero ordine condiviso. La sfida per l’Europa è duplice: da un lato, rafforzare la propria autonomia strategica nelle filiere energetiche; dall’altro, garantire una transizione che sia anche socialmente ed economicamente sostenibile. Nel nuovo scenario mondiale, la sicurezza energetica non è più un fatto tecnico, ma un esercizio di realismo politico basato su fragili pesi e contrappesi.

Gabriele Cicerchia

https://www.leurispes.it/sicurezza-energetica-il-dilemma-ue/


Fonte: L'Eurispes