Contesto internazionale incerto: impatti politiche commerciali su scambi

11-04-2025 19:27 -

GD - Roma, 11 apr. 25 - L’attuale contesto internazionale è caratterizzato da un elevato grado di incertezza e pone gli operatori economici di fronte a sfide in grado di generare impatti diretti sul business e sulle dinamiche commerciali globali. Dopo decenni di crescita del libero scambio e di integrazione economica tra i Paesi, negli ultimi anni, stiamo assistendo ad una inversione di tendenza. Le politiche commerciali protezionistiche stanno ridisegnando l’architettura degli scambi internazionali, generando frammentazione ed incertezza sul sistema multilaterale. La governance globale, un tempo vista come il motore principale per l'integrazione economica e la crescita, sta attraversando ora una fase di crisi. Basti pensare che le organizzazioni internazionali, in particolare l'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), incontrano crescenti difficoltà a ricomporre un sistema internazionale sempre più frammentato.
La crescente competizione tra gli attori globali ha portato all’adozione di misure volte a garantire maggiore autonomia strategica, sollevando interrogativi sul futuro del libero mercato e della globalizzazione. Fattori come la pandemia Covid-19, la guerra in Ucraina ed in Medio Oriente, le tensioni commerciali, la transizione energetica e il cambiamento climatico hanno incrementato ulteriormente la frammentazione internazionale, generando incertezza e accelerando l'adozione di misure restrittive a livello globale.
Per le imprese risulta fondamentale adattarsi a un contesto in continua trasformazione e monitorare l’evoluzione delle politiche commerciali, valutando l'impatto di tali politiche, dalle misure restrittive a quelle di natura green, sul proprio business.
Scambi internazionali e misure protezionistiche: qual è il nuovo trend? In questo scenario incerto e frammentato, le misure restrittive al commercio internazionale stanno giocando un ruolo sempre maggiore nelle agende politiche globali. Secondo il report del Fondo Monetario Internazionale (IMF), le sanzioni internazionali e le restrizioni commerciali sono aumentate significativamente, quest’ultime più che triplicate dal 2019. Contemporaneamente, l'indice di rischio geopolitico è tornato nuovamente a salire dal 2022 a seguito all'invasione russa dell'Ucraina.
Il report “International Export Regulations and Controls: Navigating the global framework beyond WTO rules“ dell’Organizzazione Mondiale del Commercio WTO, pubblicato il 15 settembre 2023, ha evidenziato che delle 1.702 misure in vigore, il 59% riguarda misure all’importazione, mentre il 41% colpisce l'esportazione. L’adozione di politiche commerciali protezionistiche è dimostrata, a livello globale, dall’aumento delle misure restrittive. L’aumento delle restrizioni al commercio internazionale è confermato anche dall’osservatorio "Global Trade Alert", che segnala un numero, triplicato rispetto al 2019, di restrizioni sui trasferimenti di beni e di servizi nonché sugli investimenti adottate nel mondo, ogni anno. Questa tendenza è destinata a consolidarsi, con un incremento delle misure restrittive imposte per ragioni di sicurezza nazionale.
Negli Stati Uniti, in particolare, la politica commerciale sta virando verso un sistema economico maggiormente orientato al protezionismo, attraverso l'introduzione di tariffe e dazi doganali. La crescente normalizzazione di queste misure e le misure di rappresaglia commerciale da parte dei Paesi colpiti stanno ridefinendo le dinamiche commerciali internazionali, con un progressivo allontanamento dai regimi di libero scambio che hanno caratterizzato la globalizzazione degli ultimi decenni. Questo cambiamento sembra mettere in discussione equilibri commerciali consolidati, con possibili ripercussioni sugli scambi globali e sulla struttura stessa della globalizzazione.
Le misure green nel commercio globale: effetti della frammentazione - Parallelamente alle misure restrittive, un altro fattore di trasformazione che incide sugli scambi internazionali riguarda l’adozione di politiche green. L'introduzione di standard più rigorosi e di normative sulla sostenibilità impone alle imprese un adattamento continuo, con effetti diretti sulle catene di approvvigionamento e sui flussi commerciali.
Queste normative possono tuttavia diventare strumenti di esclusione dal mercato, quando sono utilizzate per impedire scambi commerciali con Paesi che impiegano standard differenti, generando ulteriore frammentazione nel commercio internazionale e pressione sulle Global Value Chains (GVCs).
Scambi commerciali: analisi dei dati macroeconomici - Negli ultimi mesi, il tema delle tariffs e dei dazi doganali ha ampiamente occupato l’agenda politica ed il dibattito pubblico, suscitando preoccupazioni tra gli operatori economici, in particolare per le decisioni di politica commerciale statunitense. L’amministrazione americana sta adottando un approccio volto a incentivare la produzione e il consumo interni, sollevando interrogativi sull’impatto che un eventuale aumento delle tariffe potrebbe avere sulle imprese italiane ed europee. Per comprendere meglio le implicazioni di questa Policy, è necessario esaminare le motivazioni. Il Governo americano sostiene di voler ristabilire condizioni di scambio più eque riducendo il deficit della bilancia commerciali attraverso i dazi, a beneficio dell’economia americana e della sicurezza economica.
Considerando le esportazioni americane di beni all’estero nel 2024, i cinque Stati dove gli Stati Uniti maggiormente esportano i propri beni sono il Canada, la Cina, il Messico, l’Olanda e la Gran Bretagna. A livello aggregato per i primi dieci Stati di esportazione gli USA registrano un valore pari a circa 1.312 USD/mld, pari a circa il 65% del totale.
Nel 2024, i 27 stati dell’Unione UE e la Gran Bretagna insieme hanno esportato beni verso gli Stati Uniti per un valore pari a circa 693 USD/mld, il 17% del totale delle importazioni USA.
Più nello specifico, i primi cinque Stati per esportazioni verso gli Stati Uniti sono la Germania, l’Irlanda, l’Italia, la gran Bretagna e la Francia, con un valore combinato pari a circa 476 USD/mld, pari al 69% del totale.
Le importazioni statunitensi di prodotti provenienti dall’Italia nel 2024 ammontano, come precedentemente descritto, a 78 USD/mld evidenziando, nel periodo 2020-2024, un aumento assoluto nelle esportazioni pari a circa 27 USD/mld, con un tasso di crescita annuo composto (CAGR) pari a circa 11%.
Tra i beni che maggiormente caratterizzano l’export italiano verso gli USA, nel 2024, vi sono macchinari industriali, prodotti farmaceutici e automobili, che presentano un valore rispettivamente di 14,2 USD/mld, 11,6 USD/mld e 5,5 USD/mld.
Per studiare il potenziale impatto sull’export italiano di nuovi dazi, è stato costruito un modello sulle base dei dati forniti da COMTRADE, database delle Nazioni Unite sul commercio internazionale. In particolare, l’analisi è stata svolta considerando un insieme di settori merceologici tale da coprire circa l’85% dell’export italiano verso gli Stati Uniti, per un totale di 21 diverse tipologie di beni.
Elenco dei 21 settori merceologici identificati per l’analisi
Al fine di stimare l’impatto, le tariffe prospettiche sono state calcolate in base alla seguente metodologia:
Per i prodotti sui quali gli USA hanno previsto di imporre dazi specifici, sono stati applicati i suddetti dazi;
Per le categorie relative a materiali preziosi non sono state considerate tariffe aggiuntive;
Per le altre tipologie di prodotti, è stata applicata un’aliquota aggiuntiva del 20%, in linea con le ReciprocalTariffs previste per l’Unione Europea.
Per i beni considerati ed in base all’approccio utilizzato per la stima dei dazi, l’applicazione delle aliquote comporterebbe un costo da sostenere significativamente superiore, con un incremento complessivo per i vari settori dal valore di 13,2 USD/mld.
Ciò si traduce in una maggiorazione del prezzo che i consumatori americani dovrebbero corrispondere per l’acquisto degli stessi beni e servizi italiani influenzando negativamente la domanda, in funzione dell’elasticità dei diversi settori. Per le prime dieci tipologie di prodotti, viene qui mostrato l’impatto derivante dai dazi prospettici:
Differenziali annuali, al netto dell’inflazione, dei potenziali dazi sui beni italiani esportati verso gli Stati Uniti per categorie merceologiche, USD/mln
Scenari 2025: come le imprese possono affrontare le sfide delle politiche commerciali
Guardando al futuro, le tendenze globali sembrano suggerire che i sistemi basati sui regimi multilaterali di libero scambio, sostenuti da regole internazionali condivise, siano messi in discussione dalle spinte protezionistiche. La crescente frammentazione internazionale potrebbe portare a scambi commerciali regionalizzati, limitati a Paesi che condividono caratteristiche economiche e politiche affini, come riportato nei grafici del World Economic Outlook 2024 dell’IMF.
Il futuro del commercio internazionale dipenderà dalla capacità dei principali attori globali di preservare un sistema multilaterale di regole internazionali condivise, che garantisca l’apertura dei mercati e la competitività globale.
In questo contesto internazionale, le imprese possono adottare azioni mirate per mitigare l’impatto delle politiche commerciali sui propri flussi internazionali e doganali. Tra le azioni suggerite e gli strumenti disponibili, rientrano:
• Monitoraggio - Interventi di analisi dei flussi, in entrata e in uscita, per identificare l’esposizione dell’azienda;
• Mappatura - Mappatura dei Paesi di sourcing e mercati di destinazione, identificazione delle categorie di prodotto e analisi dei dati di classifica e origine doganale:
• Elaborazione di scenari | Elaborazione di scenari per il mercato US e altri mercati interessati, considerando le nuove tariffe (in vigore e annunciate) e le potenziali misure di ritorsione;
• Pianificazione e riorganizzazione | Attività di pianificazione e riorganizzazione delle proprie Global Value Chain (GVCs) per acquisire capacità di adattamento;
• Gestione ed ottimizzazione dei dazi | Analisi delle diverse opzioni di riduzione ed ottimizzazione del carico daziario, attraverso, ad esempio, modifiche del sourcing/production mix, implementazione First sale rule e non-resident importer status ai fini del valore doganale, strumenti di duty deferrals (es. bonded warehouse) e tariff “engineering” per rivedere la classificazione e la conseguente aliquota del dazio;
• Adozione di misure specifiche | Adozione di specifiche misure, in particolare in ambito doganale, per consentire all’azienda di ridurre gli impatti conseguenti all’introduzione di particolari misure di politica commerciale.
Dal punto di vista del business, le politiche commerciali protezionistiche sull’export costituiscono una sfida, ma possono anche offrire opportunità per mitigare gli effetti negativi e stimolare nuove prospettive di crescita.
In particolare, in un contesto di incertezza, le aziende dovrebbero elaborare un piano d'intervento che le prepari ad affrontare il nuovo scenario commerciale. Tale piano dovrebbe svilupparsi in tre fasi distinte. Il primo passo consiste nel quantificare l'impatto dei dazi sulla marginalità dell'azienda, stimando la contrazione dei volumi di vendita attraverso un’analisi di elasticità della domanda e considerando i possibili impatti sul costo delle materie prime e, più in generale, sulla catena di approvvigionamento. Successivamente, in base alle caratteristiche del business model, è necessario identificare una serie di azioni fiscali e strategiche per mitigare l'esposizione al rischio derivante dai dazi.
Nella fase conclusiva, dovrebbe essere sviluppata una pianificazione strategica che valorizzi le azioni mitigatrici identificate e definisca con precisione le leve strategiche, tra cui si possono individuare:
• Valorizzazione del brand| Il riconoscimento del Made in Italy in tutto il mondo permette di sfruttarne il valore percepito, giustificando un posizionamento di prezzo più alto puntando su qualità e artigianalità invece di assorbire i rincari o sfidare alternative più economiche.
• Localizzazione e presenza produttiva | L’apertura di stabilimenti produttivi o centri di assemblaggio locali, o la collaborazione tramite joint venture o partnership con aziende in loco consente di evitare completamente o parzialmente i dazi, riducendo inoltre i tempi di consegna avvicinandosi ai clienti finali. In alternativa, l’utilizzo di hub produttivi in Paesi con accordi commerciali favorevoli riduce l’impatto delle tariffe sfruttando il libero scambio locale, ovviamente a complemento e non in sostituzione degli stabilimenti produttivi presenti in Italia.
• Diversificazione verso nuovi mercati | L’introduzione dei dazi può diventare un’opportunità per entrare o consolidarsi in mercati alternativi, diversificando il rischio commerciale. Aree come Sud America, APAC, e Medio Oriente e Africa sono ad alta domanda e interesse crescente verso prodotti Made in Italy, favorendo la stabilità nel medio-lungo termine anche grazie ad accordi che l’UE potrebbe chiudere con queste controparti alla luce delle restrizioni imposte.
• Razionalizzazione della supply chain | Le aziende possono sfruttare la necessità di adattarsi ai dazi per riprogettare la supply chain in modo più efficiente riducendo i costi logistici, migliorando la gestione degli approvvigionamenti e semplificando il portafoglio fornitori. Questa differenziazione non solo mitiga l’effetto dei dazi nel breve-medio termine, ma agevola flessibilità e reattività nel lungo periodo.
• Innovazione tecnologica e digitale | Investimenti in tecnologie innovative, automazione dei processi e trasformazione digitale permettono di contenere i costi produttivi e rispondere più rapidamente alle esigenze dei mercati più competitivi, rafforzando inoltre la capacità di adattamento delle imprese a future sfide commerciali e normative che potrebbero scaturire da una reazione a catena.
• Revisione dei flussi | Il nuovo contesto impone una revisione dei flussi in una prospettiva di efficienza tariffaria. Strategie quali la rilocalizzazione produttiva, l’approvvigionamento strategico e l’utilizzo efficiente di particolari schemi doganali - consente di ottimizzare le tariffe doganali contenendone l’impatto.

Pier Paolo Ghetti - DCM Global Trade Advisory Service Line Leader - Tax&LegalPartner - Deloitte
Marco Vulpiani - DCM Head of Economics Strategy, Risk & Transactions Advisory Senior Partner - Deloitte


Fonte: Deloitte