Arabia Saudita: secondo rapporto dell´ISPI, sono in corso grandi manovre in Medio Oriente

26-10-2017 10:37 -

GD - Roma, 26 ott. 17 - "I recenti sviluppi diplomatici che hanno visto l´Arabia Saudita dialogare con importanti rappresentati politici a Gaza, in Iraq e in Russia sembrerebbero suggerire un certo grado di rinnovamento delle strategie saudite di politica estera". Ad analizzare la situazione è Giuseppe Dentice in un commentary per l´ISPI-Istituto per gli studi di politica internazionale, specializzato in analisi geopolitiche.
Ma, ha aggiunto l´analista, dove si legge ancora "guardando però più in profondità il senso di tali iniziative si nota come esse siano intrise di un forte carattere di anti-iranicità, confermando ancora una volta come il contenimento della minaccia persiana sia l´unico comune denominatore dell´agire mediorientale saudita. Protagonista di questo ´nuovo´ trend è Mohammed bin Salman (MbS), principe ereditario, ministro della Difesa, responsabile del programma ´Vision 2030´, in sostanza l´autentico deus ex machina della politica nazionale e internazionale saudita".
Se le crisi in Siria e Yemen si stanno dimostrando, ognuna a vario titolo, delle autentiche catastrofi per Riyadh- e nelle quali gli al-Saud puntano ad un significativo disimpegno militare e diplomatico-, i tentativi di MbS di aprire nuovi ponti nei confronti delle dirigenze al potere a Gaza, Baghdad e Mosca potrebbero rappresentare un significativo cambio di passo capace di far immaginare nuovi scenari nella regione e nei principali teatri di crisi.
Secondo Giuseppe Dentice "una strategia tuttavia non esente da ardite o pericolose implicazioni, soprattutto se in questo tentativo indiretto di riproposizione in Medio Oriente di un "grande gioco" l´obiettivo finale saudita del contenimento iraniano non venisse raggiunto, o peggio se Riyadh si trovasse "accerchiata" e costretta a dover fronteggiare un variegato ma rilevante blocco anti-saudita (Iran, Qatar e Turchia su tutti) senza un retroterra strategico e geopolitico sicuro. Inoltre se questa opzione non dovesse andare in porto aumenterebbero notevolmente anche i rischi di isolamento o allentamento regionale da parte dei partner sunniti come Emirati Arabi Uniti ed Egitto, le uniche certezze su cui può contare l´Arabia Saudita in Medio Oriente, sebbene queste ultime si presentino spesso con interessi divergenti rispetto ai desiderata del patron saudita".
"Il tutto senza tralasciare l´irrisolta e, forse nociva, crisi intra-Golfo con il Qatar, che ha indebolito il progetto saudita di "Nato del Golfo", frazionando sul nascere qualsiasi ipotesi di blocco sunnita in funzione anti-sciita e anti-Iran. In questo contesto, le manovre di Riyadh risultano importanti e rilevanti perché potrebbero spostare gli equilibri in suo favore o quanto meno indebolire e frazionare il campo avversario rendendo la regione sempre più una polveriera. Un gioco a somma zero nel quale non vi sarebbe un reale vincitore o sconfitto, ma piuttosto la definizione di un nuovo modello di leverage capace di influenzare dinamiche presenti e future di un dato spazio politico e sociale", ha aggiunto.
In che modo, quindi, Riyadh potrebbe agire nell´arena mediorientale? Le opzioni sul campo sono limitate ma mirano sostanzialmente a garantirsi una piena neutralità dell´attore più forte in campo (la Russia, principale sponsor dell´Iran post-accordo nucleare), a costringere Hamas ad un riallineamento nel fronte sunnita in cambio di ricchi contratti di approvvigionamento economico-energetico attraverso il sodale emiratino, oppure come nel caso iracheno cercando un engagement fino a pochi anni fa improponibile con la componente sciita vicina a Moqtada al-Sadr, nel tentativo di limitare l´influenza iraniana in Iraq", ha rilevato l´analista dell´ISPI.
"Allo stato attuale, però", ha detto ancora, "i sauditi sembrano sottovalutare ancora le troppe distanze esistenti con gli attori in questione, a partire dalla Siria alla questione israelo-palestinese, passando per gli irrisolti nodi della transizione irachena post-IS e post-referendum curdo. Tutti temi di non poco conto che potrebbero minare fin dalle fondamenta l´agire di Riyadh, rendendo ancor più difficile la definizione di una coerente politica estera capace di arginare l´arci-nemico iraniano".
Ecco perché´ nell´attuale marasma mediorientale la decisione degli Stati Uniti, storico alleato non più così solido come in passato, di rigettare le clausole del nuclear deal firmato nel luglio 2015 dai paesi 5+1 (membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania) e lo stesso Iran appare come un soccorso utile e insperato per gli al-Saud.
Giuseppe Dentice conclude affermando: "Infatti, sebbene esistano ancora numerose distanze tra la Casa Bianca e i dignitari sauditi (come i temi energetici, soluzione alle crisi regionali, lotta al terrorismo), l´opposizione di Trump all´accordo nucleare e all´Iran in generale, potrebbe configurarsi sì come un importante argomento di convergenza politica tra Washington e Riyadh, ma rappresenterebbe di fatto un aiuto indiretto alla strategia saudita che, come titolava Bloomberg sul proprio sito, ´ora non può più fallire´. Così, in un contesto regionale caotico, mutevole e complesso, l´Arabia Saudita prova a riscoprirsi garante e stabilizzatore degli equilibri precari nel Medio Oriente allargato, pena un pesante ridimensionamento del proprio potere politico nella regione".



Fonte: ISPI