Algeria: beatificazione Martiri di Tibhirine, per amb. Ferrara “modello di riconciliazione e incontro in un Mediterraneo lacerato”

09-12-2018 13:14 -

GD - Algeri, 9 dic. 18 - Il SIR-Servizio Informazione Religiosa ha intervistato l’ambasciatore d’Italia in Algeria, Pasquale Ferrara sulla beatificazione dei 19 martiri cristiano di Orano (Algeria), terra a maggioranza islamica. L'intervista è stata fatta da Maria Chiara Biagioni.
La beatificazione “s’inserisce in un processo di riconciliazione, apertura e incontro tra due culture, due contesti religiosi diversi e questo può rappresentare un punto di riferimento oggi in un Mediterraneo lacerato da conflitti, scontri tra fondamentalismi, migrazioni, profughi che fuggono da guerre e da povertà estreme. Dall’Algeria in questi giorni parte un segnale: bisogna invertire la rotta e ricomporre quell’antica unità dello spazio mediterraneo che abbiamo perduto”. È l’auspicio che l’ambasciatore italiano in Algeria, Pasquale Ferrara, formula alla vigilia della beatificazione dei 19 martiri che il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ha celebreto l'8 dicembre nella cattedrale di Santa Cruz di Orano.
D.: Ambasciatore, come sta vivendo l’Algeria questa beatificazione?
R.: C’è da dire che siamo in un contesto molto diverso rispetto ad un Paese occidentale. Una terra dove i cristiani sono meno dell’1% della popolazione. Si tratta, pertanto, di un evento che nell’ottica locale è visto abbastanza marginale. Quello che però è rilevante, a mio avviso, è che s’iscrive in maniera molto chiara in un contesto di riconciliazione e di pluralismo religioso e il fatto che si svolga senza problema ma, anzi, con la fattiva collaborazione delle autorità è un chiaro segnale che va in questa direzione. Significativo è poi il fatto che prima della beatificazione, ci sarà anche un evento nella Moschea di Orano per rendere omaggio ai 99 imam che sono stati anch’essi vittime del terrorismo perché si erano rifiutati di sottoscrivere la fatwa contro gli stranieri negli anni Novanta.
D.: È una delle pagine più buie della storia di tutto il Mediterraneo.
R.: Non dobbiamo dimenticare che in Algeria, durante gli anni Novanta, ci sono stati circa 150 mila morti e sono algerini e non stranieri, musulmani e non cristiani. C’è stato, cioè, un vero e proprio martirio civile del Paese che è ancora oggi vissuto come un trauma, da cui lentamente l’Algeria si sta riprendendo in un modo anche molto dignitoso.
D.: Quale lezione può trarre l’Algeria dalla sua stessa storia?
R.: Innanzitutto dalla sua storia trae un insegnamento che è diventato anche una politica e, cioè, quella di recuperare e mettere al centro della dimensione religiosa del Paese una versione di Islam che è quella tradizionale e algerina ed è molto dialogante e si rifà alla tradizione spirituale sufi, che si fonda sull’armonia tra le diverse fedi e culture. In Algeria ovviamente, come in altri Paesi, esistono anche altre tendenze d’Islam molto più radicali e fondamentaliste, con la versione salafita che però è un patrimonio importato, e non algerino. Sono quindi molto impegnati a distinguere in modo molto netto tra queste due versioni e anche ad essere vigilanti nei confronti di gruppi che fanno della versione fanatica della religione il loro cavallo di battaglia. C’è infine un governo laico molto attento alle garanzie previste dalla Costituzione riguardo soprattutto alla libertà di culto. In effetti la beatificazione dei 19 martini in Algeria è la prima che sarà celebrata in terra musulmana. ciò è di grande rilevanza. Credo che sia stato un gesto anche coraggioso da parte delle autorità algerine perché ovviamente ci sono sempre gruppi radicali pronte a criticare.
D.: Gesto coraggioso che si è tradotto in una fattiva collaborazione.
R.: È stato creato un comitato di collaborazione per la preparazione dell’evento, dai suoi aspetti logistici alla sicurezza, alla questione legata ai visti. Un processo che è durato diversi mesi e ha rinsaldato la collaborazione molto operativa con la Chiesa cattolica.
D.: Chi sono questi martiri per il popolo algerino?
R.: Dal punto di vista algerino sono vittime del terrorismo e sono molto rispettati perché erano persone perfettamente integrate nel contesto locale, nei confronti delle quali non c’era alcun sospetto di proselitismo. Non dunque entità straniere ma persone sentite dalla popolazione e ad Orano come concittadini. E questo tratto, credo, sia un’ulteriore testimonianza della loro santità, per il loro servizio disinteressato alla comunità.
D.: L’Italia come ha collaborato?
R.: Abbiamo collaborato nel coordinare anche noi la richiesta di visti. E devo dire che tutto ha funzionato molto bene. Sono stato invitato a partecipare alla beatificazione dal vescovo di Orano, intanto perché il cardinale celebrante è italiano ma anche perché questa è una vicenda che pur non coinvolgendo direttamente religiosi italiani, ha però molto colpito l’opinione pubblica italiana. D’altra parte, l’Algeria ci riconosce con grande gratitudine: mentre tutti, negli anni Novanta, hanno abbandonato il Paese, per ragioni evidenti di sicurezza, le aziende italiane sono rimaste in Algeria ed hanno continuato, seppur sotto scorta, a realizzare grandi lavori pubblici, come dighe, strade, ferrovie. Insomma, se gli amici si riconoscono nel momento del bisogno, gli italiani hanno dimostrato di essere per l’Algeria un popolo amico.

di Maria Chiara Biagioni

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Fonte: SIR Servizio Informazione Religiosa