Ucraina: Biden e Stoltenberg liquidano iniziativa cinese, pace non conviene

26-02-2023 19:03 -

GD - Trento, 26 feb. 23 - Da Joe Biden a Jens Stoltenberg è unanime la bocciatura del piano cinese per la de-escalation in Ucraina, con l’Unione Europea allineata, come di prassi. Liquidandolo senza se e senza ma in quanto “presenta vantaggi solo per la Russia”, il presidente USA si è chiesto “se piace a Putin, come potrebbe essere un buon piano?”, per poi aggiungere che “già il fatto che sia la Cina a negoziare l’esito di una guerra totalmente ingiusta per l’Ucraina non è razionale”.
Fatto sta che sia a Washington, dove si comanda, che a Bruxelles, dove si ubbidisce, l’argomento “pace” resta fuori discussione, preferendo la linea della guerra continua fornendo (cioè a vendendo) gli ucraini di armi sempre più potenti, cosa che permette ai vari paesi dell’Alleanza Atlantica di liberare gli arsenali dai cimeli per far spazio ai nuovi acquisti. Una manna per l’economia del primo produttore di armi al mondo, cioè gli USA.
Costi quel che costi. Così l’Unione Europea, che ha perso la sua verginità pacifista non solo schierandosi apertamente nel conflitto, ma anche contribuendo a crearlo (si pensi ai finanziamenti delle opposizioni pre Maidan e ai 17 miliardi di euro versati all’Ucraina, paese extracomunitario, dal 2014 al 2021), continua nella strategia controproducente di crearsi il nemico d’eccellenza, senza prendere in analisi i motivi alla base del conflitto e da lì ripartire, magari coinvolgendo la neutrale OSCE.
Desta quindi stupore che a spingere per la pace siano Paesi non proprio collimanti con i decantati valori pacifisti europei, dalla Turchia alla Cina, per quanto a muoversi nei meandri della diplomazia sotterranea vi siano anche le iniziative di altre realtà come la Santa Sede. Fuori gioco l’ONU per la dinamica degli scontati veti al Consiglio di Sicurezza di cui, guarda caso, godono proprio USA, Russia e Cina.
Ma cosa prevede il piano portato dal ministro degli Esteri cinese Wang Yi a Mosca? Il testo in 12 punti indica il non impiego di armi nucleari e che non vengano attaccate le centrali atomiche; l’eliminazione delle sanzioni (che al di là degli strali europei non sembrano essere servite a nulla) e da lì la ripresa del dialogo; il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale secondo le leggi internazionali; il rifiuto della “mentalità da Guerra Fredda” secondo cui la sicurezza si ottiene allargando le alleanze militari a scapito della sicurezza delle altre realtà, con evidente richiamo alla Nato e alla decisione, assunta nel 2008 a Bucarest, di far entrare nell’Alleanza Atlantica l’Ucraina e la Georgia; il cessate-il-fuoco e lo stop ai combattimenti; il conseguente avvio dei negoziati; la protezione dei civili e la creazioni di corridoi umanitari; lo stop all’attacco di strutture e obiettivi civili, come previsto dalla normativa internazionale; il divieto di utilizzo, oltre che di armi nucleari, anche di armi chimiche e batteriologiche; l’export di cereali, secondo il piano di Turchia e Onu; la stabilità delle filiere industriali e di approvvigionamento; la promozione della ricostruzione post bellica.
Un piano che il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha bollato come “irricevibile da un Paese che non ha mai condannato l’invasione dell’Ucraina e che ha sottoscritto con la Russia accordi commerciali senza limiti”.
L’occidente insomma non vuole la pace, nonostante l’inflazione schizzi in alto ovunque e metà pianeta sia vicino alla fame. Perché per Joe Biden e il suo alter ego Jens Stoltenberg l’unica soluzione è la sconfitta della Russia, costi quel che costi, pur sapendo che difficilmente ciò potrà avvenire e di certo non in breve tempo.
Intanto in Ucraina, dove il teleguidato presidente Volodymyr Zelensky continua a chiedere armi come fossero caramelle e dove è stata stabilita per decreto l’incomunicabilità con Vladimir Putin, la gente continua a morire sotto le bombe.
Zelensky per intenderci è quello che ha fatto carta straccia degli accordi di Minsk-2 che avrebbero dovuto comportare il riconoscimento delle autonomie del Donbass entro il 2015; Zelensky è quello che invece di tutelare la minoranza russofona, come avrebbero previsto gli accordi di Minsk-2, ha continuato la guerra del Donbass semi-istituzionalizzando e spedendoci battaglioni di neonazisti dichiarati e provenienti da ogni dove, come il Battaglione Azov, accusato dall’OSCE di crimini contro l’umanità; Zelensky è quello che, come fecero i fascisti in Alto Adige negli anni Venti, ha chiuso i giornali in lingua russa, ha messo come unica lingua degli atti pubblici l’ucraino e ha fatto togliere il russo dalle scuole primarie e secondarie; Zelensky è quello che accusa la Russia di essere un paese corrotto e in mano agli oligarchi quando l’Ucraina stessa è nota per la corruzione e lui stesso è frutto dell’oligarca Kolomojsky.
Zelensky insomma è l’europeista dell’ultima ora che ha stabilito per decreto l’incomunicabilità con Vladimir Putin.
In questo quadro, con un’Europa schierata apertamente e quindi non in grado di facilitare il dialogo fra le parti, con gli USA che fanno affari d’oro, con la NATO ansiosa di espandersi a danno della sicurezza russa (si pensi a un’eventuale presenza di basi con armi nucleari a ridosso dei confini russo-georgiano e russo-ucraino), e con la Russia non disposta a cedere (a cominciare dai territori del Donbass), è difficile che possa passare un qualsiasi piano di pace: sono proprio le parti interessate a non volerla.
Enrico Oliari
Direttore Responsabile
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Fonte: Enrico Oliari