Euro: vent’anni di successi, ma molto resta da fare

05-01-2022 12:35 -

GD - Roma, 5 gen. 22 - Con il 1° gennaio 2022, sono vent’anni che l’Euro è nelle tasche dei cittadini europei. L’anniversario è stato celebrato con dichiarazioni enfatiche che hanno giustamente rivendicato il contributo positivo dell’Euro ai processi di integrazione europea e il suo ruolo essenziale per la stabilità e lo sviluppo.
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha sottolineato come l’Euro sia un “simbolo dell’unità dell’Europa”, la “moneta del futuro”, che riflette anche “i valori europei”, “la valuta globale degli investimenti sostenibili”.
Gli ha fatto eco Christine Lagarde, presidente della BCE, che ha ribadito l’impegno delle istituzioni a fare dell’Euro un “faro di stabilità”, di fiducia e di integrazione globale, la seconda più importante valuta del sistema monetario internazionale, la moneta della transizione verde e digitale. Propositi ambiziosi che riflettono il grande potenziale di sviluppo del ruolo dell’Euro, tanto sul piano interno che internazionale. Ma non dobbiamo nasconderci che la strada per realizzare questi propositi è ancora lunga e complessa, e che il progetto resta ancora largamente incompiuto. Dopo i primi entusiasmi, l’uso internazionale dell’Euro non è cresciuto in linea col potenziale. La risposta alla crisi pandemica è stata vigorosa rapida e innovativa, ma essenzialmente temporanea.
“Gli ingredienti chiave per conseguire lo status di moneta internazionale", sostiene Fabio Panetta, economista e membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea, "sono l’esistenza di mercati dei capitali ampi e profondi, aspettative ben ancorate di stabilità dei prezzi e di resilienza economica, una solida posizione fiscale, e la capacità di garantire liquidità in tempi di stress”.
L’area Euro è ancora caratterizzata da mercati finanziari frammentati e da un’offerta limitata di titoli risk-free. Quindi i benefici dello stato internazionale dell’Euro sono significativamente sotto-dimensionati e inoltre distribuiti in modo asimmetrico tra le economie dell’area. Interessante a questo proposito la proposta contenuta in un paper di Giavazzi ed altri pubblicato il 23 dicembre scorso sulla revisione del quadro fiscale europeo. Gli autori, che svolgono un ruolo importante di consiglieri economici dei governi italiano e francese, propongono un piano di assunzione a livello europeo di una quota dei debiti pubblici nazionali, che creerebbe spazi addizionali di manovra fiscale e di stabilizzazione ciclica, alleggerirebbe il peso degli stessi sui bilanci della BCE, aumenterebbe il volume dei titoli di debito europei (safe assets) di cui c’è crescente domanda. Non si tratta di trasferire il debito pubblico da un Paese all’altro (transfer union), ma di gestire meglio e insieme a livello europeo una quota dei debiti nazionali, contribuendo così all’integrazione dei mercati dei capitali e al finanziamento degli investimenti. Questo tipo di proposte hanno il merito di ampliare e di rendere a più lungo termine la riflessione in corso sulle regole fiscali, legandola al ruolo internazionale dell’Euro e alla capacità di risposta comune alle crisi.


Fonte: Febaf