Afghanistan: Minniti, "con 90.000 uomini talebani non controllano tutto Paese"

23-11-2021 19:52 -

GD - Roma, 23 nov. 21 - Si apre con un’immagine l’intervento di Marco Minniti, già ministro dell'Interno e ora presidente della Fondazione Med-Or, in occasione del convegno “Afghanistan. Effetto slavina”, organizzato dalla Facoltà di Scienze della Politica e delle Dinamiche Psico-Sociali dell’Università degli Studi Internazionali di Roma – Unint. È l’immagine di una famiglia che affida il proprio bambino alle braccia di una sergente dei Marines perché possa salvarlo e di quella stessa donna che quarantotto ore dopo averlo portato alla salvezza muore in un attacco terroristico all’aeroporto di Kabul. Una concatenazione di eventi in rapidissima successione in cui, dice Minniti, “è icasticamente dato un fallimento dell’Occidente”.
Alla domanda se fosse giusto andare in Afghanistan, Minniti ha risposto: “Penso che fosse giusto per contrastare e colpire coloro che avevano fatto l’attentato terroristico più drammatico dell’umanità, quello alle Torri Gemelle. Poi c’è stata una sequenza drammatica di errori tattici, di errori strategici. Il principale è stato aprire un altro fronte complesso e delicato come quello iracheno. Se l’intervento militare in Afghanistan era da considerarsi tra virgolette legittimo, è del tutto evidente, e questa è la mia opinione, che l’intervento in Iraq è stato un drammatico errore, a mio avviso neanche legittimo. Mentre lì c’erano coloro che avevano organizzato l’attacco alle Torri Gemelle, c’era un governo che proteggeva coloro che avevano organizzato un attacco alle Torri Gemelle, in Iraq cercavamo le armi di distruzione di massa che non sono mai state trovate”. Sulla campagna delle Nazioni Unite per la riconversione delle piantagioni di oppio, Minniti ha affermato che si è trattato non di un piccolo errore, ma di un clamoroso fallimento e ha dichiarato: “Dopo la campagna di riconversione la produzione di oppio è significativamente aumentata. Qualcosa non ha funzionato. Capiremo a un certo punto cosa è successo”.
Sulle responsabilità l’invito è a riflettere sul fatto che, oltre agli errori della comunità internazionale, ci sono precise responsabilità della classe dirigente afghana se di classe dirigente si può parlare, considerando che tra le ragioni dello smembramento di un esercito di 300.000 soldati afghani oltre alla pressione esercitata dai talebani vi è la constatazione che di quei 300.000 uomini alcuni non erano soldati.
“C’erano gli stipendi, ma non c’erano i militari”, ha detto ancora Minniti. “Vi do una notizia: i talebani non controllano l’Afghanistan, ne controllano una parte importante perché con 90.000 uomini armati non si controlla tutto l’Afghanistan”.
Sulla componente simbolica del terrorismo ha affermato: “Esattamente alla vigilia del ventesimo anniversario dell’11 settembre ritornano al potere quelli che erano stati cacciati 20 anni prima perché considerati complici di coloro che avevano fatto gli attacchi dell’11 settembre. Posso garantirvi che è una coincidenza del tutto casuale, ma se qualcuno avesse studiato a tavolino di dire esattamente dopo vent’anni ‘restituiamo il potere ai talebani’ non ce l’avrebbe fatta. Il terrorismo vive di simboli e di una distorta, drammatica e dannata idealizzazione”.
E due giorni prima della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne non sfugga a nessuno che “nel momento in cui una donna soltanto perché è donna, soltanto perché ha rivendicato un ruolo nella società afghana viene condannata a morte quello è anche un pizzico di una nostra condanna a morte, è un pizzico di una nostra responsabilità”.
Un invito ad abbandonare il cinismo “perché può succedere che noi si abbia bisogno di qualcun altro e il fatto che gli altri siano così cinici con noi finirà per urtarci o forse peggio per lasciarci soli. È una drammatica illusione che in questo mondo apolare segnato da una competizione sempre più strutturale ogni paese europeo possa giocare la sua partita. Può farlo soltanto l’Europa per una ragione anzitutto di taglia perché l’Europa ha la taglia per poter competere con i grandi soggetti mondiali, può farlo anche perché è attraversata in maniera prevalente da regimi istituzionali che sono democrazie”.
Democrazie, venendo al caso della Turchia e della Russia, che Minniti ha definito "due democrazie non compiute". “Mi rifiuto di usare il termine democrazie illiberali perché lo considero un’offesa alla mia intelligenza. Mi hanno spiegato che le democrazie senza libertà non erano democrazie, poi noi innoviamo e pensiamo che la conciliazione verbale di due termini ci salvi la coscienza. Le democrazie illiberali, vi do anche qui una notizia, non esistono!”. Si conclude così l’intervento di Minniti su una vicenda, quella dell’Afghanistan, ancora talmente aperta da non consentire conclusioni.


Fonte: UNINT