Gli USA e il grande gioco del Medio Oriente, parla amb. Marco Carnelos

11-11-2021 17:32 -

GD - Roma, 11 nov. 21 - (Notizie Geopolitiche) - Per meglio comprendere il futuro del Medio Oriente, in occasione della conferenza della NATO Defense College Foundation Arab Geopolitics 2021, "Notizie Geopolitiche" ha intervistato l’ambasciatore Marco Carnelos, presidente della MC Geopolicy, già ambasciatore italiano in Iraq ed ex inviato speciale per la Siria e il processo di pace israelo-palestinese.
D.: Quali saranno i piani dell’amministrazione Biden per il Medio Oriente?
- Amb. Marco Carnelos: «Al momento l’amministrazione Biden non sembra avere un vero e proprio piano per il Medio Oriente, se non quello di ridurre l’impegno nell’area per consentire di focalizzarsi meglio sulla Cina, che per Washington è divenuta la principale sfida geopolitica globale. A parte la ripresa dei negoziati nucleari con l’Iran, che finora non hanno prodotto risultati significativi sia per la diffidenza iraniana complicata dall’esordio della presidenza Raisi, ma anche per alcuni passi falsi iniziali compiuti dagli Stati Uniti e per la prosecuzione degli Accordi Abramo, non si intravede una politica comprensiva USA per la regione. I prossimi test cui guardare, dopo il ritiro dall’Afghanistan, sono quelli eventuali da Iraq e Siria. Quanto alla Libia, a noi tanto cara, il dossier non sembra sul radar della nuova amministrazione Biden. Un disimpegno controllato quindi ma anche reversibile all’occorrenza. Gli Stati Uniti vogliono ridurre la presenza nell’area, resta da vedere quindi se le complesse dinamiche nella regione glielo consentiranno davvero».
D.: Come proverà ad integrare i paesi produttori di petrolio nei piani di transizione energetica?
- Amb. Marco Carnelos: «La transizione energetica presenterà diversi problemi e non solo per le riserve russe e cinesi sugli obiettivi di contenimento delle emissioni entro il 2050, come auspicato dal COP 26. Gli USA hanno anche problemi con solidi alleati come l’Australia, che resiste sulle emissioni legate al carbone. Con un altro tradizionale alleato USA, l’Arabia Saudita, si sta addirittura ingenerando una situazione paradossale, laddove per contenere la spirale al rialzo dei prezzi energetici gli USA hanno esortato il Regno ad aumentare la produzione di petrolio per calmierare i prezzi ed evitare spirali inflazionistiche che potrebbero danneggiare la ripresa economica, ottenendo un secco rifiuto. In sintesi, mentre Biden al G20 e alla COP26 a Glasgow esortava tutti a contenere le emissioni fossili, parallelamente esortava l’Arabia Saudita a pompare più petrolio. Una quadratura del cerchio particolarmente difficile».
D.: Quali saranno le future relazioni coi paesi della regione dopo Kabul?
- Amb. Marco Carnelos: “Il dato geopolitico rilevante è che dopo il ripiego dall’Afghanistan gli USA si sono sostanzialmente chiamati fuori dal Grande Gioco degli equilibri in Asia Centrale, resta da vedere se questo vuoto verrà colmato, e come, da Cina e Russia nell’interazione con India, Pakistan e Iran, senza tralasciare la Turchia. A prima vista, con l’uscita americana dall’Afghanistan, sembrerebbe comunque che il grandioso progetto infrastrutturale cinese della Belt and Road Initiative abbia ora un grosso ostacolo in meno dinanzi a sé”.
D.: Che ruolo potrebbe avere l’Italia nei prossimi anni?
- Amb. Marco Carnelos: «Un ruolo italiano in Medio Oriente può esplicarsi soltanto nella cornice dell’UE, con tutti i limiti che questa talvolta comporta. Sono ormai finiti i tempi in cui l’Italia riusciva a condurre in autonomia brillanti operazioni politiche e diplomatiche come il successo della mediazione per il cessate-il-fuoco in Libano, condotta dal presidente Prodi nel 2006, o quella del presidente Berlusconi nel 2008, che portò al Trattato di Amicizia con la Libia e che destò così tanta inquietudine nei nostri alleati francesi ed inglesi da portare al rovesciamento di Gheddafi. Il Libano ormai appare un appannaggio, peraltro sin qui infruttuoso della Francia, mentre la Libia vede ormai una molteplicità di attori coinvolti come Russia, Turchia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Abbiamo un leader di altissima caratura internazionale come Mario Draghi, che tuttavia comprensibilmente ha ben altre priorità: dalla pandemia al PNRR, dalla ripresa economica alla sfida climatica. Sarebbe tuttavia un errore distogliere eccessivamente l’attenzione dal Medio Oriente e dal Nord-Africa; in fin dei conti è proprio da queste aree che sono giunte quelle pressioni migratorie massicce che hanno messo a così dura prova la tenuta di quei valori fondamentali intorno ai quali sono state costruite sia l’Italia repubblicana sia le istituzioni comuni europee».

Francesco Cirillo

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Fonte: Notizie Geopolitiche