G20 per tutela afghani: diritti e dignità siano priorità per comunità internazionale

10-10-2021 18:57 -

GD – Roma, 10 ott. 21 - Sulle pagine dei siti istituzionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del G20 non appare ancora calendarizzata la data del 12 ottobre prossimo per il vertice del G20 straordinario annunciato dalla Presidenza Italiana. In ogni caso, anche se l'evento dovesse slittare, il 30 e il 31 ottobre avrà certamente luogo la riunione conclusiva del G20 annuale a guida italiana a livello di Capi di Stato e di Governo, per cui sarebbe difficile che il tema non venisse affrontato almeno per quella data.
L'appuntamento rimane dunque fondamentale, perché la comunità internazionale sinora non ha trovato occasione di pronunciarsi in un confronto collettivo che fosse sufficientemente risolutivo e rappresentativo.
Anche la 76^ Assemblea Generale delle Nazioni Unite, svoltasi dal 21 al 27 settembre, si è dovuta limitare a dichiarazioni di principio, specie sulla tutela dei diritti e dei rifugiati. Al prossimo foro delle 20 più grandi economie del mondo spetterà pertanto affrontare almeno sei questioni concrete, tra l'altro strettamente connesse tra loro: 1) la tutela della popolazione rispetto all'abisso imminente di una nuova guerra civile; 2) la tutela dei diritti, specie per la condizione delle donne; 3) la lotta del terrorismo e al narcotraffico;4) gli aiuti finanziari e l'accesso alle riserve del Governo afghano congelate negli USA: 5) l'assetto di un Governo più inclusivo per le minoranze; e, last but not least, 6) la gestione dei rifugiati.
La prospettiva di una discesa in campo del G20 sulla questione Afghanistan ha peraltro un indubbio valore strategico per almeno due motivi. Il primo è rappresentato dalle scelte che la leadership italiana del G20, sostenuta in particolare dalla UE e da Germania e Francia, ha compiuto su un modello di “multilateralismo inclusivo”. Si tratta di un approccio non meno critico nei confronti di Governi autoritari, ma ben diverso dalla polarizzazione geopolitica che vede in atto lo scontro epocale tra Stati Uniti e Cina, che lo stesso Biden non ha esitato a rimarcare con le più recenti iniziative dell'Aukus e del Quad proponendo una NATO dell'Indopacifico in funzione anti-cinese, specie per la minacciata occupazione di Taiwan da parte di Pechino.
Il secondo motivo riguarda la stessa composizione del G20, in cui figurano Paesi come la Cina, la Russia, l'India, la Turchia e l'Arabia Saudita, nazioni che certamente potranno esercitare la loro influenza sugli scenari che dovranno definire il nuovo Afghanistan, anche per i rapporti non solo economici che nel tempo hanno condiviso. A questi Paesi, come ad altri che hanno da tempo rapporti con i talebani quali le stesse Cina e Russia, nonché il Pakistan e il Qatar che potranno essere invitati o coinvolti nelle decisioni del G20, dovrà essere richiesto un ruolo fattivo e che non risulti equivoco rispetto alla tutela dei diritti delle donne e degli oppositori, nonché nella lotta al narcotraffico – ritenuto fonte di finanziamento dei talebani – e ad ogni forma di violenza e di terrorismo.
E occorrerà pensare anche al ruolo degli altri Paesi confinanti – Uzbekistan, Turkmenistan, Pakistan, Iran (oltre che Russia e Cina) - favorendo un loro coinvolgimento sulla questione afghana, come è necessario che accada in particolare con l'Iran e la Turchia, i Paesi da cui il transito è obbligato per i profughi afghani che vorranno raggiungere l'Europa.
Una riflessione più responsabile dovrà riguardare però proprio l'Europa dove il tema della ripartizione degli oneri di accoglienza è oggi posto in pesante discussione dalla “politica dei muri” e dei “respingimenti ad oltranza” dal gruppo di Paesi sovranisti.
Ma probabilmente la questione centrale sarà chiarire con una larga condivisione la condizione che i finanziamenti destinati alla crisi afghana dovranno riguardare soprattutto la tutela della popolazione piuttosto che le casse del Governo e, quindi, la destinazione dei fondi e, soprattutto, l'accesso ai 9 miliardi di dollari delle riserve del Governo afghano depositate negli USA che dovranno concretizzarsi solo a condizione che il sistema dei diritti, specie per le donne e gli oppositori, sia assolutamente garantito, scongiurando tassativamente persecuzioni e violenze.
In buona sostanza, è meglio che il G20 metta le cose in chiaro sulla priorità del rispetto dei diritti e della dignità umana, un messaggio deciso che rappresenti un monito soprattutto per qualunque forma di Governo per il nuovo Afghanistan.

Maurizio Delli Santi
membro dell'International Law Association


Fonte: Maurizio Delli Santi