Russia e Cina nuovamente a braccetto

31-03-2021 14:30 -

GD - Venezia, 31 mar. 21 - L’incontro di Lavrov con il suo omologo ministro degli Esteri cinese Wang Yi a Pechino è stata la prima riunione, dopo molto tempo, nel corso della quale è apparso evidente che i rapporti tra le due potenze si sono rinsaldati, anche grazie all’improvviso atteggiamento dichiaratamente minaccioso, seppur in maniera differenziata tra Russia e Cina, del presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
L’occasione del XX anniversario della firma del trattato di buon vicinato, amicizia e cooperazione è stata quindi colta per ribadire che l’alleanza tra le due potenze ha portato al raggiungimento dei migliori risultati nella intera storia delle loro relazioni.
Ma per Lavrov e Wang Yi il trattato, che ha ottenuto un successo senza precedenti, permette ora di affrontare le nuove sfide della globalizzazione provocate dalla pandemia e dalla trasformazione profonda nello sviluppo economico, nella struttura finanziaria internazionale e, quindi, nei nuovi modelli di influenza politica. Russia e Cina studieranno, così, progetti congiunti perché resti assicurata una architettura internazionale di stabilità, prosegua l’integrazione tra gli Stati asiatici, economica e produttiva, con una impronta decisa che coinvolga tutta l’area euroasiatica.
Il riferimento alla SCO Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai è rimasto sotto traccia, ma è evidente che tale organismo sia visto come uno dei sentieri sui quali i due partner intendono muoversi nei prossimi anni.
La SCO, fondata ormai 25 anni fa con l’obiettivo iniziale di risolvere i problemi legati alle frontiere tra la Cina, la Russia e le repubbliche asiatiche ex-sovietiche, ha assunto in seguito un carattere sempre più anti-americano. Lo scopo del reciproco appoggio per garantire la propria sovranità nazionale e l’integrità territoriale tendeva, infatti, ad affrontare due “pericoli”: un possibile intervento di “ingerenza umanitaria” da parte degli Stati Uniti in Asia centrale e il radicarsi del fondamentalismo islamico con le relative spinte secessioniste
In Occidente la SCO, che rappresenta oggi il 43% della popolazione del pianeta e il 24% del PIL mondiale, viene spesso rappresentata come un’organizzazione anti NATO e anti occidentale, composta principalmente da Stati autoritari e autocrazie, in molte occasioni criticabili per i loro regimi repressivi e per il loro scarso rispetto dei diritti umani.
Non va dimenticato che, nonostante sia soprattutto un’alleanza terrestre, la SCO trova sbocco, comunque, anche nella parte marittima, poiché ricomprende ben tre oceani, Atlantico, Pacifico ed Indiano, nei quali tende ad espandersi la politica navale cinese, sempre più aggressiva, anche se il Ministro Cinese ha tenuto a ribadire che la più stretta alleanza tra Russia e Cina non è diretta contro nessuno altro Stato, un chiaro messaggio agli Stati Uniti e ai loro partner.
In realtà i leader russi e cinesi ritengono che non vi sia una sostanziale discontinuità negli atteggiamenti della Casa Bianca, addirittura nel corso degli ultimi decenni. La linea strategica occidentale, secondo il loro parere, resta sostanzialmente ancorata all’eredità della guerra fredda, tesa a mantenere la supremazia statunitense anche attraverso aspetti di guerra economica come sanzioni o dazi, ed è il congelamento di quest‘ultime il primo passo verso la possibilità di riprendere un reale contatto negoziale tra le potenze su temi quali il nucleare, la limitazione degli armamenti e gli equilibri post pandemici.
La sintonia sino russa, pertanto, nelle dichiarazioni ufficiali è apparsa pressoché totale, ma la situazione, nei fatti, è molto diversa tra i due Paesi: mentre la Repubblica Popolare Cinese sembra aver superato la fase più critica della pandemia e marcia spedita verso una rapida ripresa economica, la Federazione Russa presenta aspetti di maggior debolezza: nonostante il numero dei vaccinati non sia così basso, come asseriscono le fonti dell’intelligence, comunque la fase epidemiologica non appare superata né sembra normalizzata la situazione economica, tendente al ristagno.
E infatti la strategia degli Stati Uniti è oggi più diretta a ingaggiare un braccio di ferro con la Federazione Russa che a proseguire nel conflitto economico commerciale contro la Cina.
È evidente che tale scelta sia legata alla tradizionale propensione degli apparati di intelligence e militari statunitensi che l’avversario da battere per primo sia sempre la Russia, sostenitrice dell’Iran, di Assad in Siria, che aggredisce nell’est dell’Europa in Ucraina, spalleggia sotto traccia Erdogan nella regione caucasica e nel Mediterraneo, colpisce con duri cyber attacchi le strutture dell’apparato burocratico e politico statunitense.
In sostanza, la frase ad effetto del presidente Biden ha lanciato il “primo colpo” con effetto sorpresa, confermando che per gli Stati Uniti la Federazione Russa è una autocrazia retta da oligarchi che non rispettano i diritti umani e rappresentano, comunque, un pericolo da contenere come, a suo tempo, l’Unione Sovietica.
Per il momento, intanto, il risultato sembra quello di aver rinsaldato i legami tra Mosca e Pechino, superando le divergenze degli ultimi anni, quali il diverso atteggiamento nei confronti del futuro afghano, il contrasto cinese alla linea filo occidentale dell’India (tradizionale alleato, comunque, della Russia) e gli striscianti dissapori sull’operatività e la condivisione degli obiettivi della via della seta.

Arduino Paniccia
Presidente ASCE Scuola di Competizione Economica Internazionale di Venezia


Fonte: Arduino Paniccia