La via per l’Africa: parla presidente Istituto Diplomatico Internazionale

11-03-2021 20:29 -

GD - Roma, 11 mar. 21 - Un anno fa, il 9 marzo 2020, l’Unione Europea e l'Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza hanno pubblicato una comunicazione con cinque proposte tematiche per la partnership con l’Africa: transizione verde, trasformazione digitale, crescita sostenibile e lavoro, pace e governance, migrazione e mobilità.
È troppo presto per una valutazione complessiva dei passi compiuti per dare concreta attuazione a questa strategia. Ma uno studio recente della Fondazione Konrad Adenauer, a firma di Michael Tanchum, richiama l’attenzione su un problema, quello dei collegamenti transmediterranei, che riguarda specialmente l’Italia e che evidenzia la debolezza del disegno europeo. L’autore prende in considerazione le tre direttrici, occidentale, centrale e orientale, della mobilità tra Europa ed Africa.
La prima parte dalla Germania e raggiunge Dakar attraverso la Francia, la Spagna e il Marocco. La terza arriva all’Egitto passando per Boemia, Slovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria e Grecia. La seconda, la più importante, ha come hub centrale il porto di Taranto: dalla Germania, attraverso l’Austria e l’Italia passa per Malta e Biserta e può connettersi alle infrastrutture stradali che portano ad Algeri e a Tunisi e di lì potenzialmente fino al cuore del continente nero, a Lagos e N’Djamena.
In assenza di una politica coerente dell'UE per incentivare gli Stati membri e le imprese europee a cooperare efficacemente con le nazioni nordafricane, osserva lo studio, i corridoi Europa-Africa sono stati creati o rafforzati con l’apporto determinante di attori esterni all’Unione stessa. E la tendenza continuerà. Il caso più eclatante è quello del Pireo, gestito dalla China Ocean Shipping company (COSCO), i cui servizi intermodali collegano i mercati e le industrie dell’Europa centrale con i porti egiziani, dove i cinesi hanno fatto forti investimenti, e con l’enorme porto multifunzionale di Gibuti, che dal 2017 ospita anche la prima base militare cinese all’estero.
Ma è sul tratto Nord Europa–Italia–Tunisia che si sta giocando la partita più interessante. Ne è protagonista il gigante turco Yilport, del gruppo Yildirim, che il 30 luglio 2019, a fronte di investimenti per 400 milioni di euro, ha ottenuto la concessione, per 49 anni, delle aree e della banchina del “molo polisettoriale” del Porto di Taranto e prevede di portarne la capacità a 4 milioni di TEU (152 milioni di metri cubi) entro il 2028. Yilport, che ha negato qualsiasi rapporto di partnership con la COSCO a Taranto, controlla anche il 50 per cento del Freeport terminal di Malta. Completa il panorama l’accordo tra Cina e Algeria per la costruzione di El Hamdania, un hub intermodale da 6,5 milioni di teu a Cherchell, 80 chilometri ad ovest di Algeri. Le prospettive di realizzazione, a causa degli alti costi e del rallentamento economico generato dalla pandemia di Covid, sono ancora incerte. Ma il progetto c’è. E somiglia molto al tassello mancante per completare il percorso dal Nord Europa all’Africa subsahariana.
Ogni spazio lasciato dall’UE nello sviluppo della connettività Europa-Africa, conclude lo studio della Fondazione Adenauer, sarà riempito da Cina, Russia, Turchia e dagli Stati arabi del Gulf cooperation council. Insomma, i buoni propositi non bastano. Senza partenariati significativi con le nazioni nordafricane, nei futuri collegamenti transmediterranei gli interessi europei avranno un peso molto minore del previsto.

Paolo Giordani
presidente dell’Istituto Diplomatico Internazionale


Fonte: IDI