“Pace fredda” tra Cina e India a oltre 60 anni dalla rivolta tibetana

11-03-2021 18:22 -

GD - Venezia, 11 mar. 21 - Mentre tutta l’attenzione mediatica era rivolta ai pericolosi scontri tra due delle più importanti potenze nucleari asiatiche, la Cina e l’India, pochi invece si sono chiesti come si fosse potuti arrivare quasi all’orlo di un conflitto armato. La verità meno nota è che è il Tibet, non la Cina, a condividere 3.400 km di confine con l’India. È stata infatti la convenzione di Simla, siglata tra il Governo tibetano e l’allora vicereame coloniale indiano, nel 1914, a stabilire la demarcazione tra i due Paesi, la cosiddetta McMahon line, mai riconosciuta dalla Repubblica Popolare Cinese che, da sempre, sostiene la non validità dell’accordo in quanto firmato da soggetti non formalmente indipendenti.
La complessa questione politica dell’area è, così, recentemente tornata a galla non tanto per la sua storia drammatica e poco conosciuta, ma perché legata ancora una volta alle accuse di violazione dei diritti umani nei confronti delle minoranze etniche da parte della Cina. Questa realtà, insieme agli eventi di Hong Kong e nello Xinjiang, hanno portato la Repubblica Popolare nell’occhio del ciclone. Come sempre, Pechino ha negato ogni accusa, invitando a visitare lo Xinjiang Michelle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani.
Certo è che la situazione attuale in Tibet resta uno dei più palesi effetti del duro sistema di controllo attuato dalla Cina sui territori da essa assorbiti. Il Dalai Lama e il suo governo, di cui ricorre oggi il 62° anniversario dell’esilio in India, sono la prova evidente della repressione della popolazione tibetana tuttora in atto.
Lo scorso anno gli Stati Uniti, con l’approvazione del Tibet Policy and Support Act, hanno chiarito la loro posizione di essere pronti, se necessario, a intervenire con sanzioni contro i membri del Partito Comunista Cinese, ove questi dovessero nominare un personaggio a loro gradito come successore dell’attuale Dalai Lama.
La poderosa macchina della propaganda e del soft power cinese è tuttavia in atto. Lo strumento principale è il Dipartimento del Lavoro del Fronte Unito (UFWD), che rappresenta uno dei tre pilastri sui quali si basa la politica estera (gli altri due sono il Ministero degli Affari Esteri e il Dipartimento Internazionale, che opera sotto la guida diretta del partito) e può agire sia all’interno che all’esterno della Cina.
L’UFWD è noto come il motore responsabile dell’informazione della politica estera ed ha enormi poteri: oltre a controllare decine di milioni di cinesi espatriati in tutto il mondo attraverso l’Ufficio Affari Esteri, esso si occupa della sponsorizzazione culturale a livello globale tramite gli Istituti Confucio che garantiscono, tra l’altro, migliaia di borse di studio ogni anno alle Università straniere. Non solo, ma il principale ruolo del UFWD è proprio quello di costruire un’immagine favorevole e positiva della Repubblica Popolare nel mondo.
La “pace fredda” tra India e Cina copre, in realtà, sia l’obiettivo di egemonia cinese in Asia, che ritiene la non adesione di Delhi alla nuova via della seta (Belt and Road Initiative ) e al recentissimo RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership) una latente dichiarazione di “guerra economica”, sia l’avvicinamento sempre maggiore alle posizioni statunitensi e occidentali dell’India che, dal canto suo, non trascura più la linea di confine, ma ha anzi aumentato la propria capacità di intelligence e di sorveglianza, accelerando il riarmo e la protezione del corridoio strategico di Siliguri, tra le massicce e invalicabili catene montuose himalayane.
Inoltre, va tenuto conto che nei 3,8 milioni di chilometri quadrati del Tibet (pari alla superficie dell’Europa occidentale) nascono i principali fiumi dell’Asia: Yangtze Kiang (fiume azzurro), Huang Ho (fiume giallo), Mekong, Indo, Brahmaputra.
I fattori del conflitto non riguardano solo gli enormi problemi relativi ai vitali bacini idrici sotto controllo cinese, ma, inoltre, lo sfruttamento senza limiti di tutte le risorse minerarie e territoriali da parte del governo centrale che ha destinato il cuore del continente asiatico perfino a deposito di scorie nucleari radioattive.
La portata degli eventi nel Tibet, pertanto, supera oggi lo scontro tra le due potenze asiatiche per divenire un tema di valenza mondiale che riguarda tutti noi.

Prof. Arduino Paniccia
Presidente ASCE Scuola di Guerra Economica e Competizione Internazionale di Venezia


Fonte: Arduino Paniccia