Fondazione Italia Cina: studio "Ritratto delle PMI tra Italia e Cina"

23-02-2021 15:35 -

GD - Milano, 23 feb. 21 – La Fondazione Italia Cina ha presentato oggi il rapporto "Il ruolo delle PMI nelle relazioni fra Italia e Cina: analisi di scenario e indicazioni di soci e imprese", elaborato dal suo Centro Studi per l'Impresa (CeSIF). Durante l'incontro online sono stati illustrati i risultati della survey “Quale Cina per le PMI” condotta tra i soci della Fondazione Italia Cina, della Camera di Commercio Italo Cinese e tra selezionate imprese e PMI italiane che operano con la Cina. Grazie ai soci, ma anche al sostegno di Assolombarda, CNA, Ucimu, Aice-Confcommercio, Federlegno Arredo, Promex-Made in Vicenza, ISTAO – Istituto Adriano Olivetti e altri, è stato possibile interrogare un campione selezionato di 180 imprese che mantengono relazioni costanti con il Paese asiatico. Il risultato è contenuto in un rapporto di 57 pagine, accompagnate da 50 grafici e 10 tabelle, che è stato anche tradotto in cinese.
“Nonostante la pandemia", ha detto Li Bin, ministro Consigliere per Economia e Commercio dell'Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese in Italia, intervenendo alla presentazione, "la cooperazione tra i nostri due Paesi non si è fermata e la Cina resta un mercato immenso per le aziende italiane che vogliono cogliere questa opportunità. L'auspicio è che la Fondazione continui a giocare un ruolo forte tra Italia e Cina, sempre al nostro fianco per una collaborazione che sia davvero win win”.
“L'attenzione della Fondazione Italia Cina è massima nei confronti del tessuto imprenditoriale nazionale che dovrà superare l'ostacolo della crisi da pandemia, dovendo inevitabilmente considerare la Cina come partner di riferimento della ripresa", come si legge nella prefazione firmata da Mario Boselli, presidente della Fondazione Italia Cina. "Il 2021 sarà un anno di svolta per lo stato di salute di molti operatori economici e per le opportunità da cogliere nel rinnovato contesto di una Cina che promuove i consumi interni e favorisce le relazioni internazionali. Conoscere le caratteristiche delle PMI, ovvero di quelli che spesso sono i principali protagonisti delle relazioni economiche tra Italia e Cina, e ascoltarne la voce è un esercizio fondamentale per il successo degli scambi commerciali”.
- PMI TRA ITALIA E CINA- Il rapporto si interroga sulle opportunità di cooperazione economica tra Italia e Cina in epoca post Covid-19. Lo sguardo è quello delle PMI, realtà che rappresentano la spina dorsale della produzione industriale in entrambi i Paesi. Il valore del documento è dato dal fatto che permette di identificare chi sono coloro che animano l'azione commerciale italiana e soprattutto chiede direttamente a loro quali siano le aspettative e percezioni rispetto alla relazione con la Cina, vista sempre più come un mercato di sbocco.
L'indagine si inserisce in una più ampia disamina dello stato delle relazioni economiche fra Italia e Cina, con una particolare attenzione alle PMI italiane e cinesi. Infatti, le piccole e medie imprese in Cina valgono il 60% del Pil, l'80% dell'occupazione urbana e l'80% delle esportazioni. Allo stesso modo, il 96,5% delle aziende italiane che esportano in Asia Orientale sono PMI per un peso del 50,2% del valore delle esportazioni. Il contesto di riferimento in cui si inserisce l'analisi è quello dell'interscambio fra Italia e Cina caratterizzato – soprattutto sulla rotta verso Oriente – da una forte specializzazione in prodotti altamente tecnologici o ad alto contenuto creativo, come nel caso dei prodotti del settore moda.
- IL QUESTIONARIO E LE RACCOMANDAZIONI - Dopo un focus dedicato all'interscambio con la Cina e alle opportunità offerte alle PMI italiane dalla Belt and Road Initiative e dalla China International Import Expo, nella seconda parte del rapporto si inserisce l'analisi di un questionario che ha coinvolto 180 aziende italiane in affari con la Cina, rappresentative di diversi settori e diversi ambiti geografici. I risultati emersi dal questionario riportano uno spaccato di grande utilità per definire le azioni future rivolte al miglioramento delle relazioni economiche tra i due Paesi.
Sulla base dell'analisi del contesto e delle risposte emerse dal questionario è stato possibile avanzare una serie di raccomandazioni che si possono applicare alle imprese e alle istituzioni italiane da un lato e alle imprese e alle istituzioni cinesi dall'altro.
* Raccomandazioni lato Italia
Migliorare presenza digitale - Dalle risposte dal campione alle domande sull'utilizzo degli strumenti digitali emerge con chiarezza come vi sia una forte polarizzazione fra aziende che hanno pienamente abbracciato la dimensione digitale del mercato cinese e soggetti che invece ne sono ancora completamente digiuni. In questo campo sarebbe allora opportuno che le aziende investissero nel proprio posizionamento nei canali dell'e-commerce con una specifica attenzione all'ecosistema digitale della Repubblica popolare cinese. In questo senso gli sforzi governativi per creare piattaforme di promozione del Made in Italy vanno sicuramente nella direzione giusta e devono essere mantenuti con continuità.
Migliorare accompagnamento - Tra le richieste avanzate dal campione sui servizi che vorrebbero ricevere da associazioni di categoria, agenzie istituzionali o enti, come la stessa Fondazione Italia Cina, c'è l'esigenza di un'azione più incisiva nell'accompagnamento delle aziende nell'approccio al mercato cinese. Da questo punto di vista risulta necessario riconoscere, da parte delle aziende, il valore positivo dell'investimento in formazione e in informazione sia nelle fasi preliminari all'ingresso in Cina sia nel corso dell'attività per non incorrere in errori di valutazione che potrebbero inficiare le possibilità di successo in Cina. Dal lato dei soggetti erogatori deve essere registrata la “sete di accompagnamento” da parte delle PMI elaborando proposte – magari in sinergia – che sappiano offrire tutti gli strumenti necessari in ambito finanziario, creditizio, legale e di formazione interculturale.
Favorire ingressi con partner - A più riprese il gruppo di rispondenti – formato da soggetti già attivi nel mercato cinese – ha indicato la ricerca di un partner nazionale o cinese come miglior risposta agli ostacoli culturali e dimensionali nell'accesso in Cina. Per queste ragioni vanno valutate positivamente le azioni svolte dalle associazioni di categoria per formare consorzi di imprese nello sviluppare piattaforme digitali o promuovere percorsi di formazione congiunta.
Rafforzare bagaglio di competenze linguistiche/culturali - Tra gli ostacoli indicati dalle aziende italiane nell'approcciare l'ingresso in Cina è emerso come siano prioritarie le difficoltà linguistiche e culturali. Si tratta di un tema “classico” per chi entra nel mercato cinese e che può essere risolto con una continua formazione e con un'attenta selezione del personale, attingendo anche al bacino degli italiani sino-discendenti.
Migliorare competitività del sistema - Tra gli esiti più interessanti delle risposte al questionario c'è l'indicazione di affrontare la sfida posta dalla crescita qualitativa cinese con investimenti in ricerca e sviluppo e in generale con azioni volte all'aumento della competitività del sistema produttivo italiano. È una indicazione di forte consapevolezza del mutamento in atto delle relazioni industriali a livello internazionale che deve essere assecondata con investimenti in innovazione da parte delle imprese e con il sostegno di coerenti azioni governative. La struttura dell'export italiano verso la Cina e il percorso di crescita qualitativa dell'industria cinese potrebbero avere un impatto concorrenziale sulle aziende italiane senza i necessari investimenti in questo campo.
Coordinarsi a livello europeo - Nel corso dell'ultimo biennio è emerso con maggiore chiarezza come la strada del dialogo tra Roma e Pechino passi inevitabilmente per Bruxelles. Un tale ragionamento dovrebbe essere adottato anche a livello di impresa, coordinando le richieste e le iniziative di ingresso nel mercato cinese anche attraverso associazioni di categoria di livello sovranazionale.
* Raccomandazioni lato Cina
Tutela della proprietà intellettuale - Insieme alle differenze culturali e linguistiche, le aziende che hanno risposto al questionario hanno indicato la tutela della proprietà intellettuale come una delle principali problematiche nell'accesso al mercato cinese. Senza dubbio, nel corso degli ultimi anni molto è stato fatto, ma evidentemente nella percezione dei rispondenti il tema rimane centrale. Da lato cinese, oltre a proseguire l'opera di rafforzamento delle tutele giudiziarie, potrebbe essere utile promuovere percorsi di informazione legale per le aziende sulle novità del settore.
Creare piattaforme di matchmaking - Nella percezione di molte aziende, la Cina è ancora un mercato difficile da affrontare, non solo per le barriere linguistiche e culturali, ma per la difficoltà nel muoversi in un contesto geografico e normativo diverso da quello italiano. Per queste ragioni è stata a più riprese indicata l'esigenza di un sostegno nell'individuare un partner cinese con il quale condividere gli oneri di ingresso nel mercato. In questo senso sono di particolare utilità le attività di matchmaking sulla falsariga di quanto promosso in occasione dalla CIIE del 2020.
Rafforzare la declinazione per le imprese di BRI - La Belt and Road Initiative ha ottenuto un riscontro positivo dall'ampia maggioranza dei rispondenti, che si augurano un maggiore coinvolgimento in futuro. Sembra questo, infatti, l'aspetto più rilevante del rapporto tra aziende italiane e BRI come emerso dal questionario. Solo una esigua minoranza, infatti, ha dichiarato di essere stata coinvolta in progetti legati all'iniziativa, e un gruppo ancora minore afferma di averlo fatto con successo. In questo senso, sarebbe allora opportuno rinforzare iniziative specificamente rivolte alle opportunità per le PMI nel contesto della BRI.
Favorire gli investimenti italiani - Tra le azioni selezionate maggiormente nell'ambito del quesito su quale sia il miglior approccio per confrontarsi con la crescita qualitativa cinese è emersa anche l'attrazione degli investimenti italiani in Cina. L'Italia è tradizionalmente più indietro nei confronti dei partner europei in termini di stock di investimenti, un gap che deve essere necessariamente ridotto se si vogliono rafforzare le relazioni economiche tra i due Paesi. Il 2020 è stato l'anno dell'entrata in vigore della Nuova Legge sugli investimenti stranieri, ma il suo impatto è di difficile valutazione a causa della crisi pandemica. Per recuperare il tempo perso potrebbe essere opportuno promuovere un'azione informativa sulle opportunità che si stanno sviluppando. Allo stesso tempo, potrebbe senza dubbio riscontrare il favore delle aziende italiane il prosieguo dell'azione di apertura di nuovi settori agli investimenti stranieri anche all'interno di accordi bilaterali sovranazionali.
Dal rapporto emerge una sostanziale fiducia nelle prospettive di crescita della Cina nei prossimi cinque anni e una percezione del Paese come il più importante nel contesto delle economie emergenti. Una visione positiva della Cina come opportunità è certificata non solo da una domanda specifica sul dualismo opportunità/minaccia quanto soprattutto dalla piena apertura di credito manifestata nei confronti della Belt and Road Initiative. Un secondo elemento di grande interesse è l'insistenza del campione sull'interpretare in modo favorevole una considerazione che vale nell'ipotizzare alternativamente anche un ingresso in partnership con altri gruppi italiani. Queste indicazioni testimoniano come ci sia consapevolezza da parte delle aziende italiane della difficoltà nel penetrare una realtà così complessa come quella cinese. Una ulteriore possibilità, attualmente solo sfiorata dalle risposte al questionario, è l'ingresso in Cina insieme a partner europei. Tale circostanza potrebbe risultare di sempre maggiore appeal in considerazione della forte attenzione che in ambito europeo si sta dedicando alle relazioni con Pechino, come dimostra la firma del Comprehensive Agreement on Investment.
IMPATTO COVID-19 SULLE PMI CINESI - Mentre la pandemia sta continuando a crescere in tutto il mondo e molti Paesi mettono in atto nuovi piani di chiusura parziale e totale, la Cina dimostra di essersi ripresa dopo il pesante crollo economico vissuto nel primo trimestre dell'anno. Secondo le ultime statistiche del National Bureau of Statistics, la crescita del PIL nel 2020 è stata del 2,3%, e in particolare del +3,2% nel secondo trimestre, del +4,9% nel terzo e del +6.5% quarto trimestre. Un incremento dovuto all'aumento delle esportazioni e ai nuovi investimenti infrastrutturali. La produzione industriale, composta da manifattura, estrazioni minerarie e altri comparti minori, è in crescita in settembre del 6,9% rispetto allo stesso periodo del 2019 – dopo una crescita in agosto del 5,6%. Le vendite al dettaglio, indicatore dell'andamento dei consumi nazionali, sono cresciute del 3,3% con un aumento di 0,5% rispetto al mese di agosto, ma la domanda interna resta ancora ampiamente sotto le aspettative. Anche le importazioni hanno registrato un notevole aumento del 13,2% rispetto all'anno scorso e le dogane cinesi hanno raggiunto il massimo storico di spedizioni mensili in entrata per 203 miliardi di dollari. Per quanto riguarda le PMI cinesi, queste hanno iniziato a riprendersi da ottobre quando le politiche di recupero del Paese hanno iniziato a generare benefici tangibili. L'ultimo report della China Association of Small and Medium Enterprises, basato sull'analisi di 3 mila PMI, ha individuato una crescita dell'indice “SME Development Index” di 0.1 punti raggiungendo così un punteggio di 87, il più elevato da febbraio. Il 97% delle PMI analizzate ha ripreso l'attività. Nel settore dei servizi ricettivi e del catering, colpiti duramente dalla pandemia, il tasso di recupero è stato del 94,21% in ottobre. L'analisi mostra che grazie alle misure messe in atto si sono allentate le pressioni sulla liquidità, sono aumentati i risultati operativi e l'entusiasmo per gli investimenti risulta stabile. Infine, il 50% delle PMI intervistate ha riportato un aumento della produzione, il 40% ha vissuto un aumento degli ordinativi collegati all'aumento della domanda nazionale ed estera, e il 60% ha registrato un incremento dei prezzi di vendita.


Fonte: Redazione